Lombardo nomina assessore Marco Venturi.


Fino a ieri noto come imprenditore antimafia, Venturi riceverà quasi certamente la delega all'Industria. Da "piccolo imprenditore" a signore dell'energia in Sicilia.

Ha già ammesso che molti suoi colleghi lo hanno fortemente sconsigliato dall'accettare la proposta di Lombardo ma lui, Marco Venturi fino a ieri presidente siciliano della piccola industria di Confindustria, ha preferito accettare la sfida.

Lombardo non ha ancora assegnato le deleghe, ma visto il curricilum è quasi scontato che a Venturi vada l'Industria e l'energia. Anche perchè Lombardo ha preferito trattenere per sè alcune deleghe come l'agricoltura e la formazione ma, proprio l'industria la assegnerà a qualcuno e Venturi sembra il più adatto.

Noto fino a oggi come brillante imprenditore (titolare della Sidercem di Caltanissetta, che opera nella certificazione di qualità delle grandi opere) Venturi dal 2007 vive sotto scorta: per il suo impegno antipizzo in confindustria ha ricevuto prima lettere minatorie, poi teste di coniglio e strane visite a casa. Adesso avrà a che fare, tra le altre cose, con il comparto industriale dell'energia.

E sono dolori...

Dopo l'esperienza di Pippo Gianni che, da ex sindaco di Priolo conosceva benissimo l'argomento e lo gestiva in maniera molto "spicciola" pensando più ai vantaggi economici delle popolazioni locali che a quelli del martoriato ambiente siciliano, ora Venturi dovrò dare una svolta. Perchè la chiede Lombardo stesso, che per un anno è stato in polemica un giorno sì e pure l'altro con Gianni.

Due rigassificatori, una centrale interregionale di compressione del gas, un elettrodotto sottomarino (o forse due, se va in porto il progetto siculo-tunisino) e una miriade di richieste di autorizzazioni per impianti da fonti rinnovabili sul tavolo.

Queste le sfide che il giovane imprenditore, senza esperienza politica alle spalle, dovrà gestire dal criticatissimo dipartimento palermitano.

Di sicuro saprà dialogare meglio con gli imprenditori che con i politici, a differenza dei suoi predecessori. Aspettiamo di vedere i suoi primi provvedimenti per scoprire come ha intenzione di gestire l'immensa partita dell'energia in Sicilia.

E per capire quanto saprà essere indipendente da Lombardo...

Rinnovabili salvaspazio


Moncada Energy si lancia nel rinnovabile "all-in-one" multifonte. Nello stesso campo più impianti di produzione da più fonti. E ci sono altri esperimenti interessanti. In Sicilia...

La necessità aguzza l'ingegno e il vulcanico Rag. Moncada, titolare di Moncada Energy e da molti considerato il re dell'eolico in Sicilia (e a breve anche in Albania), presenta soluzioni innovative. Partiamo dalla necessità, cioè dai problemi di chi fa rinnovabili in Italia o, peggio ancora, in Sicilia.

I problemi principali vengono sempre dalle autorizzazioni: anni per avere una Via, altro tempo perso per l'allacciamento Enel o Terna...

E, nel frattempo, i corposi incentivi statali decrescono anno dopo anno. Bene, questo il problema.

La soluzione targata Moncada consiste nel prendere due piccioni (in futuro anche tre) con una fava: piazzando pannelli solari alla base delle torri eoliche si produce di più, si spreca meno spazio, si ottiene una produzione di energia più costante, si ottengono le autorizzazioni prima. Perchè se l'area era idonea per farci eolico, figuriamoci per i pannelli solari...

Ma ce di più: la cosa fa bene anche al sistema elettrico, che non gradisce i picchi di produzione ma, al contrario, preferisce una produzione costante.

Ma le rinnovabili, si sa, sono aleatorie. E allora ecco il terzo piccione: in un futuro non troppo lontano, sotto le pale e accanto ai pannelli, dovrebbero essere anche istallate delle turbine a biodiesel che produrranno energia elettrica a prescindere dal sole o dal vento.

Moncada, alcuni mesi fa, è tornato dal Mozambico con in tasca l'accordo per la fornitura di olio di Jatropha curcas. A breve le pale eoliche siciliane puzzeranno di patatine fritte...

Gli ecologisti, a dire il vero, hanno qualche dubbio sulla sostenibilità di una filiera del biodiesel così lunga.

Ma Moncada non è l'unico che, in Sicilia, si sta dando da fare per ottimizzare tempi e spazi: la prossima frontiera consiste nel coprire la sterminata serie di serre della fascia trasformata tra Pachino (Sr) e Licata(Ag) con appositi pannelli solari parzialmente coprenti.

In questo modo la luce passa, il pomodoro cresce (?) e il pannello pompa energia.

Che potrà essere usata, nelle piccole aziende, per abbattere la bolletta e, in quelle più grandi, a migliorare la performance economica della martoriatissima agricoltura siciliana...

Barroso: l'Ucraina? Problemi di Putin


I debiti per le forniture di gas sono una questione bilaterale tra Russia e Ucraina.
José Manuel Barroso taglia corto, l'Europa non pagherà il debito ucraino per garantirsi le forniture russe.

A tentare di portare la questione su un tavolo multilaterale europeo ci aveva provato Putin in persona, chiamando al telefono Barroso e spiegandogli, molto onestamente, che la Russia vuole i soldi e che l'Ucraina non ce li ha.

Ci aveva pensato anche Berlusconi, annunciando che avrebbe portato la proposta al prossimo vertice Ue in programma tra pochi giorni.

Ma Barroso non ne vuole sentire parlare: troppi soldi (cinque miliardi di dollari) e a bilancio ci sono già i fondi per il progetto Nabucco, totalmente alternativo alla Russia, all'Ucraina e alle loro schermaglie.

Per una volta la massima carica dell'Ue si mostra indipendente e prende una decisione chiara: dalla parte della Russia, ormai da qualche anno, remano Italia e Germania. Cioè i partner dei due mega gasdotti che, nessuno ormai sa quando, porteranno milioni e milioni di metri cubi di gas scavalcando l'Ucraina e i suoi debiti...

Sorgente-Rizziconi: attenti alle compensazioni


elettrodotto-messina-compensazioni-ambientali

Pochi giorni fa, per la precisione il 21 maggio, la Regione Siciliana ha diramato un comunicato stampa attraverso il quale invitava le amministrazioni locali interessate alla realizzazione del nuovo elettrodotto Sorgente-Rizziconi a formulare le proprie richieste in fatto di compensazioni ambientali.

Raggiunto l'accordo con Terna, infatti, arriveranno a breve nove milioni di euro che dovrebbero servire a "mitigare" l'impatto ambientale dell'opera.

Ma c'è da stare attenti, perchè la responsabilità delle amministrazioni locali è grande e la tentazione a spendere quei soldi in tutt'altro modo è forte.

Anzi fortissima perchè, come comunica lo stesso assessorato regionale all'Industria, le opere ammesse sono di due tipi:

Berlusconi: "attacco con tre Scanzano Jonico!"


Il Premier non ha dubbi: le centrali nucleari si faranno, con le buone o cone le cattive...
Che leader, che macho! Ammazza...
Il silvione nazionale pensa in grande: tante centrali, in pochissimo tempo, a tutti i costi.

Ci voglia anche l'esercito, la cavalleria, i sabotatori, i parà della Folgore... ma si devono fare e subito.

L'idea è quella di esportare il modello campano, dove l'esercito ha presidiato le discariche e i siti contestati portando alla parziale risoluzione del problema.

Se non fosse, però, che in Campania l'esercito effettivamente aveva un senso, anche se non era gradevolissimo da vedere. Tra una discarica e una mozzarella di bufala, infatti, da quelle parti c'era un cancro malavitoso grosso come un miliardo di inceneritori...

Per il nucleare, si spera, si sceglieranno siti "camorra-free". A meno che non si vogliano fare fare soldi alla criminalità organizzata anche in questo campo... ma allora perchè non mettere un casalese a dirigere la peritura Sogin?

Tornando alla notizia: se serviranno Berlusconi manderà i militari a presidiare i siti. Quindi anche quelli scelti (se mai si sceglieranno) per i rifiuti radioattivi.

Ora, mi chiedo io, per mandarli a guardare munnezza, per mandarli a guardare fusti radioattivi, per mandarli in entrambi i casi a prendersi sputi e insulti dalla popolazione locale... ma cosa gli avranno fatto mai di male i militari a Berlusconi?

Si sospetta un caso di nonnismo durante la naja.

Enel vende Rete Gas. E non cambia un tubo...


Enel Rete Gas passa di mano da un'azienda statale a un'altra. Per il bene della concorrenza? Si attende il parere dell'Antitrust.
Come precedentemente annunciato, il Cda di Enel ha deliberato la cessione dell'80% di Enel Rete Gas a F2i e AxaPrivate Equity.

Enel, così scende sotto il 20% del capitale dell'azienda di distribuzione del gas che smista il 12% del metano che gira in Italia e accontenta i voleri dell'Antitrust.

L'autorità per la concorrenza, infatti, aveva "notato" l'abbondante presenza della Cassa depositi e prestiti sia nel capitale di Enel che di Rete Gas (ma anche Eni e Terna...).

Ora la stessa Antitrust dovrà dare il proprio parere sulla vendita della quota di maggiornaza di Enel Rete Gas e, a questo punto, sarà interessante vedere se, come e perchè, l'affare va in porto visto che per i consumatori e per la concorrenza, alla fin fine, non cambierà poi molto dopo questa cessione...

Sorgente-Rizziconi: attenti alle compensazioni.

elettrodotto-messina-compensazioni-ambientali

Ci sono nove milioni di euro pronti ad essere spesi nel messinese in compensazioni ambientali, o ad essere sprecati per tappare buche e rifare marciapiedi...

Pochi giorni fa, per la precisione il 21 maggio, la Regione Siciliana ha diramato un comunicato stampa attraverso il quale invitava le amministrazioni locali interessate alla realizzazione del nuovo elettrodotto Sorgente-Rizziconi a formulare le proprie richieste in fatto di compensazioni ambientali.

Raggiunto l'accordo con Terna, infatti, arriveranno a breve nove milioni di euro che dovrebbero servire a "mitigare" l'impatto ambientale dell'opera.

Ma c'è da stare attenti, perchè la responsabilità delle amministrazioni locali è grande e la tentazione a spendere quei soldi in tutt'altro modo è forte. Anzi fortissima perchè, come comunica lo stesso assessorato regionale all'Industria, le opere ammesse sono di due tipi:

Riqualificazione ambientale
Interventi sulla vegetazione (piantumazione aree); dispositivi per l’avifauna (se relativi ad elettrodotti diversi dall’opera in oggetto); sistemazione straordinaria strada rurale; finanziamenti per il monitoraggio degli impatti ambientali residui dell’opera (relativamente ai CEM); recupero e ripristino di ex cave; interventi di mitigazione ambientale di infrastrutture stradali;  sistemazione di boschi; impianti artificiali di specie vegetali a basso portamento da effettuare nelle fasce asservite di linee esistenti; ripristino piste forestali;  finanziamento di progetti di miglioramento ambientale ai fini faunistici di aree protette; realizzazione di percorsi d’accesso alle aree archeologiche.

Riqualificazione urbanistica
Sistemazioni e opere stradali (interventi di manutenzione, realizzazione di fondazioni,       marciapiedi, segnaletica);  riqualificazione urbanistica del centro storico; riqualificazione parco comunale; realizzazione di infrastrutture stradali a servizio delle zone PIP.

Il rischio serissimo, a questo punto, è che con l'aria di crisi che tira questi nove milioni siano utilizzati per fare manutenzione ordinaria e non per limitare gli impatti ambientali dell'elettrodotto.
La legge lo permette, è vero, ma probabilmente la cittadinanza dovrebbe guardare al futuro, aprire bene entrambi gli occhi e sorvegliare attentamente sul modo in cui questi fondi verranno spesi da sindaci e assessori...

A tutto gas, ma chi paga?


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L'annosa questione dell'Ucraina supera i confini dell'inverno: con sei mesi d'anticipo già si parla nuovamente dei debiti di Naftogaz. E del futuro dell'Europa. Eravamo abituati a considerarla una soap opera tipicamente invernale, ma la vicenda del gas russo in transito dall'Ucraina, ancora una volta, stupisce tutti e fa parlar di se persino inquesto afoso maggio.

La proposta è venuta inizialmente da Gazprom: l'Europa paghi i debiti ucraini e avrà gas in abbondanza e garantito per tutto l'inverno, come i patti prevedono. Tecnicamente, però, Gazprom parlava di un prestito all'Ucraina da parte della Ue. Valore: 5 miliardi di dollari.

Ora si aggiunge la proposta Berlusconi: l'Europa paghi il 50% del debito ucraino, per il bene degli approvvigionamenti. Non è chiaro, però, se Berlusconi si riferisca a un prestito o a un regalo e, poichè la proposta verrà ufficializzata solo al vertice Ue del 18 giugno, qualunque cosa pensi il premier sarà frainteso entro quella data.

Quindi è perfettamente inutile commentare la notizia e chiedersi che fine dovrebbero fare tutti questi soldi. Quello che si può dire sin da subito, però, è che Gazprom ha trovato un modo geniale per "fregare" ancora una volta, l'Unione Europea.

Si sa che Gazprom e Eni stanno progettando due mega gasdotti (South Stream e North Stream) che dovranno collegare Russia e stati europei scavalcando l'Ucraina e, così, mettendo fine alla telenovela invernale. Si sa anche che l'Ue avrebbe un progetto alternativo, il gasdotto Nabucco, che non "pescherebbe" il gas in Russia ma nei paesi ex sovietici dell'Asia centrale.

Si sa, infine, che i soldi non crescono sugli alberi e che se l'Europa da 5 miliardi di dollari all'Ucraina non li avrà mai indietro. E siccome ognuno dei tre gasdotti in questione, alla fine della fiera, costerà mediamente 15 miliardi di dollari, è evidente che se Bruxelles cade nella trappola russa il Nabucco se lo può scordare...

WWF Italia contro il Piano energetico Siciliano.

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Dopo la defenestrazione dell'assessore che lo ha firmato, altra pesante tegola contro il Pears: WWF Italia ha fatto ricorso al Tar contro il piano.
La cosa più assurda è che, il giorno dopo la consegna al Tar da parte del WWF Italia del ricorso contro il piano energetico siciliano, la Regione non ha neanche un assessore al ramo a cui far fare una dichiarazione in merito.

E non è cosa da poco, perchè il prossimo assessore siciliano all'Industria non potrà fare altro che difendere il piano, visto che Lombardo ha affermato apertamente che con la nuova giunta (che dovrebbe arrivare tra altre 48 ore) si riparte proprio dall'energia e dal Pears.

L'ormai ex assessore al ramo Pippo Gianni aveva definito il piano un "work in progress", ma evidentemente, pur di farlo uscire dai meandri del suo assessorato (dove giaceva da una decina d'anni), ha fatto la ciambella senza il buco...

Andiamo con ordine, visto che qualcosa non quadra.

Il WWF afferma che il Pears non sarebbe stato sottoposto alla Valutazione ambientale strategica, la famosa-famigerata Vas.

Se è vero è ridicolo, come fa un piano che si vanta di essere tanto "ambientale" quanto "energetico" a non passare dalla Vas?

Ma sul punto c'è da riflettere perchè, se scaricate il malloppone del Pears dal sito dell'assessorato all'Industria (oltre 300 mega, centinaia di pagine), troverete anche lo studio e la dichiarazione di sintesi per la Vas.

Quindi delle due una: o gli avvocati del WWF hanno visto male, o gli avvocati della Regione hanno ritenuto che, nonostante i rapporti fossero belli e pronti, era meglio non presentarli alla Commissione Vas...

Ma, allora, perchè prendere in giro stampa e cittadini costringendoci a scaricare tutto il malloppone?

Tanto erano documenti inutili, una mezza truffa...

Sarroch (Ca): tre operai muoiono in raffineria.

Tragedia alla Saras (Gruppo Moratti): tre giovani operai muoiono per asfissia nell'impianto di hydrocracking. Era fermo per manutenzione.
Le notizie disponibili sono poche e ancora tutte da confermare. Per ora si sa che sono morti in tre, probabilmente per asfissia.

Ma il tempo e le dovute e immancabili polemiche metteranno in discussione presto questa versione.

Gigi Solinas, 27 anni, Bruno Muntoni, 52 anni, sposato e padre di tre figli e Daniele Melis, di 26 anni, tutti di Villa San Pietro e tutti dipendenti di una ditta esterna alla Saras, a quano pare si trovavano in un vano parzialmente chiuso ad eseguire lavori di manutenzione nell'impianto MHC1.

Una fuga di gas li avrebbe uccisi in breve tempo e, quando è arivato il 118, tutto era già finito.

Come la vita di questi tre operai, due dei quali morti ancor prima di metter su famiglia e il terzo troppo giovane per lasciare la propria...

Petrolio: un futuro non convenzionale.

Si è chiuso il Workshop Safe dal titolo:  “Convivere con gli idrocarburi. Come e per quanto? Quale ruolo per il gas naturale?”. Per il centro studi le fonti migliori per il futuro sono petrolio e gas. Ma non come li conosciamo oggi...

Vi starete chiedendo che cosa sia il Safe.


La sigla sta per "sostenibilità ambientale fonti energetiche" e sembra molto rassicurante.


In realtà il centro studi è un think tank legato a doppio filo ai ministeri (Affari esteri, Ambiente e Sviluppo economico) e all'industria dell'energia (Assoelettrica, Assomineraria, Assosolare, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati e Unione Petrolifera).


Ogni anno il Safe organizza un master rinomatissimo nel settore e un workshop a cui partecia tutta l'"energia bene" d'Italia.


I risultati dei lavori di quest'anno non sono ancora disponibili, ma è stato rilasciato un ottimo comunicato stampa che sintetizza perfettamente la posizione del centro studi.


Una posizione, per così dire, molto realista e istituzionale e, di conseguenza, molto poco coraggiosa.

Nucleare. Berlusconi: nessuna centrale in Sardegna




Il Presidente del Consiglio rassicura i sardi, che da pochissimo lo hanno premiato alle elezioni: faremo le centrali nuclerari, ma non in Sardegna.

Gli ecologisti sardi possono stare tranquilli: Berlusconi ha detto che in Sardegna centrali non se ne fanno. Lo ha promesso e quando lui promette, mantiene.
A meno che non sia stato frainteso.

Erano giunti fino a Roma per manifestare, portandosi dietro tanti specchi (chissà a cosa si riferivano?). Per manifestare di fronte al G8 Energia che sta decidendo, o almeno abbozzando, il futuro del pianeta.

Un futuro che vede un ritorno massiccio al nucleare con la costruzione di impianti nuovi e l'aggiunta di reattori a impianti esistenti. A volte in sostituzione dei vecchi, ormai arrivati a fine vita, a volte in aggiunta per aumentare la disponibilità di energia.

Perchè il mondo deve, o comunque vuole, crescere ancora.

Perchè, come dice l'Iea, in Africa sono tutti senza la corrente elettrica. E infatti le centrali le fanno in Europa e in America. Mi sembra corretto...

Ma, tornando in Sardegna, i no-nuke hanno ottenuto una vittoria.

Ancor di più, Berlusconi si stupisce delle preoccupazioni e afferma che non ha mai parlato di fare centrali in Sardegna.

E, allora, come mai il Governatore della Sardegna (Cappellacci, per di più Pdl, mica comunista...) il giorno dopo l'approvazione al Senato del Ddl Sviluppo aveva alzato la voce?

Che domande, aveva frainteso...

Sicilia: si naviga a vista.

lombardo-naviga-vista

Lombardo azzera la Giunta regionale. "Alcuni assessori si facevano i fattacci loro". Nuova giunta entro 48 ore. Forse...

Alla fine i nodi sono venuti al pettine, ma è andata anche peggio di quanto si potesse pensare.
Tutti credevano che la Giunta siciliana avrebbe subito un corposo rimpasto subito dopo le elezioni europee. Probabilmente Lombardo, temendo un risultato non proprio gratificante per l'Mpa (che si è dovuto imparentare con tutti, tranne che con i compagni siciliani di maggioranza, pur di sperare nel 4%) ha preferito stupire.

Come al solito...

Giunta azzerata e parole di fuoco contro i suoi assessori: "evidentemente qualcuno ha scambiato l'interesse dei siciliani con i fattacci suoi". Brrr...

Gelo e tempesta a Palermo, altro che afa e vecchietti che si sentono male.

Ma Lombardo, forse ottimisticamente, ha promesso una nuova giunta in un paio di giorni. Una giunta messa in piedi "con l'appoggio dei partiti o dei pezzi dei partiti che condivideranno il programma".

E quei "pezzi dei partiti" è meglio non commentarli neanche, prima di averli visti. Ma sarà molto, molto interessante vederli...

Una giunta, tra l'altro, che dovrebbe contenere molti tecnici.

Due dubbi.

Primo: che maggioranza sosterrà all'Ars questa nuova giunta che porterà avanti un nuovo programma "ridotto all'essenziale"?

Secondo: come si fa, dopo mesi di lotte intestine, a mettere tutti d'accordo su temi tanto scottanti in meno di due giorni? Che speranza ha di sopravvivere una squadra del genere?

In ogni caso Lombardo è stato chiarissimo nel promettere che si riparte da pochi, ma fondamentali, temi: le accise petrolifere, l'attuazione del Piano energetico regionale, la riforma degli Ato rifiuti, lo snellimento della burocrazia, il rilancio dell'agricoltura e l'attuazione di politiche sociali per fronteggiare la crisi economica.

Tutte cose che la Sicilia aspetta, più o meno, da sempre.

In bocca al lupo Rafé...

G8 Energia. L'industria del petrolio ha paura.


Nobuo Tanaka (IEA): la crisi taglia le gambe agli investimenti in tecnologia e sviluppo che scendono sia per l'upstream petrolifero (-21%) che per le rinnovabili (-38%).

Il petrolio a 30-40 dollari al barile preoccupa le big del mercato, ma anche l'istituzione internazionale che dovrebbe controllarne l'operato: Nobuo Tanaka, direttore esecutivo dell'International energy agency, ha portato a Roma al g8 Energia (probabilmente il g8 per eccellenza, quello più importante tra gli incontri italiani, visti i tempi di crisi) il dossier dell'agenzia che riporta tutti i dati dell'industria dell'energia.

Un comparto, afferma Tanaka, in forte sofferenza.

Il perchè lo spiega facilmente l'italiana Eni, per bocca del suo Presidente Roberto Poli: se il prezzo non torna stabilmente tra i 60 e i 70 dollari al barile non ci sono soldi per fare nuove ricerche e per lavorare i "greggi non convenzionali" .

Perchè, ormai lo ammette pure l'industria, il greggio classico, quello che sgorga abbondante e senza troppi problemi (e costi) d'estrazione, è in esaurimento. Per citare alcuni studiosi a lungo bistrattati: sta finendo l'era del cheap oil.

Inizia l'era dello sfruttamento forzato dei giacimenti (pompando gas o vapore nei giacimenti, così aumenta la pressione e il petrolio torna a salire, lo si fa già in molti pozzi) e quella dei greggi non convenzionali: scisti e sabbie bituminose, i greggi polari, i greggi fino a qualche tempo fa ritenuti troppo "heavy".

I greggi, per dirla in altre parole, che nessuno avrebbe mai voluto essere costretto ad estrarre. Perchè, in alcuni casi come le sabbie bituminose canadesi, in realtà non sono neanche petrolio ma ci diventano con un lungo, e inquinante, processo che costa molti soldi e molta energia.

E se il petrolio non torna a salire, trasformare in petrolio ciò che petrolio non è costa più di quanto ci si guadagna a venderlo...

Che pensare, allora, di questa congiuntura economica? Dovremmo sperare che il petrolio torni a salire, "per il bene di tutti"?

O forse l'industria petrolifera dovrebbe prendere il toro per le corna e, dopo anni di politiche assai poco coraggiose e lungimiranti, cercare di non ripetere gli errori del passato?

L'Iea, a quanto pare, suggerisce il primo tipo di soluzioni. Speriamo che abbia ragione, anche se in passato ha avuto abbondantemente torto...

Il responsabile del Dipartimento Energia e Ambiente della Cgil Sicilia dice la sua sul nuovo Piano energetico siciliano.
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Lungo colloquio con i due ideatori del Pears, il Piano energetico e ambientale siciliano, per sapere dove andrà la Sicilia nei prossimi 20 anni.dispenza-beccali01

Le rinnovabili che danno i numeri...



Si era partiti con Kyoto e con il 20-20-20. Poi è arrivato Scajola, con il suo 25%, ma da fonte nucleare (che secondo il Governo è equivalente alle rinnovabili perchè non emette CO2).

Ora arriva la Fondazione Sviluppo Sostenibile, guidata da Edo Ronchi (fondatore dei Verdi, ex ministro dell'Ambiente, oggi attivo in fondazioni e onlus).

L'idea è semplice, almeno sulla carta: perchè accontentarsi del 20% di rinnovabili quando si può fare di più?

La fondazione, che ha tra i soci fondatori anche l'Anev, mira al 33% entro il 2020. O almeno così c'è scritto nel dossier che, secondo rinnovabili.it, verrà presentato tra qualche giorno.

In buona sostanza, da qualche tempo a questa parte, sulle rinnovabili un po' tutti danno i numeri. Ognuno i suoi.

La verità, però, è che i numeri servono sempre a poco se sono scollegati dalla realtà. Il 33% di rinnovabili in Italia (ma anche nel resto del mondo) è impossibile.

Per questioni tecniche, a quanto pare, visto che non c'è rete elettrica (nè sistema produttivo) che può sopportare oscillazioni di carico e di disponibilità di potenza così elevate.

A meno che, tra le rinnovabili, non inseriamo anche l'idroelettrico a ripompaggio che è programmabile e non ha sbalzi d'umore dovuti al clima.

Ma l'idroelettrico a ripompaggio, se dobbiamo dirla tutta, non è realmente una fonte rinnovabile, bensì un sistema di risparmio e di accumulazione dell'energia.

Ma questa è una questione complicata, la gente preferisce le percentuali...

La superpetroliera al varo da Trapani




Copio e incollo dall'Agi, visto che è già bella dettagliata, aggiungo solo che qualche mese fa il cantiere è stato sequestrato per piccole irregolarità sulla sicurezza degli operai...

(AGI) - Trapani, 21 mag. - Hanno preso il via le operazioni per il varo tecnico della “Marettimo M.”, la piu’ grande petroliera mai costruita in Sicilia, realizzata dal gruppo Satin-Cantiere navale di Trapani. La nave, un autentico gigante del mare, dalla lunghezza di 136 metri, 26 di larghezza e 18 mila tonnellate di portata, sara’ messa definitivamente in mare venerdi’. Le operazioni, molto delicate considerato le grandi dimensioni della nave, sono partite questa mattina. Lo scafo della petroliera era stato gia’ spostato nei giorni precedenti, grazie a dei carrelli speciali della compagnia olandese Mammoet, che hanno permesso di posizionare la petroliera sulla banchina in direzione della nave semi-sommergibile “Fjell” della Fairstar. All’alba la “Marettimo M.” ha continuato lo spostamento sui carrelli, fino a salire a bordo dello speciale pontone “Fjell”, che nel pomeriggio uscira’ dal porto di Trapani, per raggiungere il fondale necessario per immergersi: riempiendo i comparti zavorra, portera’ finalmente in acqua la petroliera che a questo punto verra’ rimorchiata all’interno del porto del capoluogo per essere completata. La nave e’ stata costruita interamente nel Cantiere navale di Trapani, commissionata dalla compagnia di navigazione Augusta Due. La maxi commessa di 40 milioni di euro e’ stata affidata al Gruppo Satin-Cnt nel 2006, ed ha impiegato una forza lavoro di circa 400 uomini, compreso l’indotto. “Marettimo M.” (M. sta per Mednav) e’ dotata dei piu’ avanzati mezzi di sicurezza, tra cui la doppia carena, un’intercapedine di circa 1,5-2 metri tra lo scafo esterno e le cisterne di carico che impedisce, in caso di collisione, che il carico si versi in mare. La nave, una “ice class”, ovvero dotata di particolari rinforzi che la rendono adatta a navigare anche nei ghiacciai, verra’ impiegata in Europa. Un autentico “gioiello” di ingegneria navale, costruita interamente dalle maestranze siciliane. (AGI)

Scajola, l'atomo, la matematica...


Io non sono mai stato bravo in matematica, a dire il vero non l'ho mai studiata con passione.

Una volta la professoressa mi disse che io non la studiavo perchè lei mi stava antipatica e che quello sarebbe stato uno degli errori della mia via.

Io le risposi che ciò che diceva non era vero, perchè la matematica non la studiavo neanche con le professoresse simpatiche...

Oggi leggo le dichiarazioni di Scajola, che all'assemblea di Confindustria ha affermato che entro il 2018 l'Italia avrà la sua prima centrale nucleare funzionante.

Sono appena nove anni. Da studente poco appassionato di matematica, nove mi è sempre sembrato un numero piccolo, ma non è questo il problema.

Scajola ha anche detto che a regime avremo il 25% di fabbisogno elettrico nazionale coperto dal nucleare.

Mi è venuto il tarlo e sono andato a rileggermi i dati Terna sul fabbisogno...

Nel 2007 abbiamo consumato, tra energia prodotta in Italia e importata dall'estero, quasi 319 TWh (terawatt'ora, non importa quant'è, è un sacco...). Per il 2008 ancora i dati non sono disponibili ma già si sa che saranno inferiori a causa della crisi, quindi non li prendo neanche in considerazione. Mi servono numeri reali.

Non ho mai costruito una centrale nucleare in vita mia, ma da notizie trovate in rete mi risulta che una centrale come le 4 che dovrebbero arrivare in Italia grazie al recente accordo Enel-Edf produrrà circa 1.600 MWp (megawatt di picco, cioè a pieno regime) per un totale annuale di 11,5 TWh.

Dati riferiti a una sola centrale.

Se vogliamo arrivare al 25% dei 319 TWh di cui sopra, quindi, dobbiamo produrre poco meno di 80 TWh da fonte nucleare.

Il discorso, a questo punto, è che le centrali non saranno 4, ma almeno 7.

Per la precisione ne dovremmo costruire 6,9565217391304347826086956521739.

Una gioia per i cartografi!

Sardegna: boom del fotovoltaico, la Regione corre ai ripari

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Il bando per il cofinanziamento pubblico ha portato l'aumento esponenziale delle richieste alla Regione. Che le ha accettate tutte, ma non ha il personale sufficiente a evaderle in tempo...

Maometto è andato in montagna, e si è portato un sacco di amici...

Non se l'aspettavano in Sardegna un successo così vasto e il bando regionale di cofinanziamento per il fotovoltaico sui tetti degli uffici pubblici è stato, per questo, prorogato.

Per la precisione fino al 15 dicembre, giorno entro cui gli impianti dovranno essere terminati e collaudati.

La stessa  Regione Sardegna ammette che la proroga è dovuta alle "esigenze dell’Amministrazione per l'espletamento di tutte le attività e le procedure necessarie per l'erogazione dei fondi".

Manca, cioè, il personale necessario ad evadere la marea di pratiche.

Una situazione, a dire il vero, comune a molte amministrazioni regionali italiane che si trovano assolutamente impreparate, nell'organico e spesso anche nella formazione, a gestire l'onda delle richieste di finanziamento (provenienti sia da soggetti privati che da amministrazioni locali) per le rinnovabili.

Basti pensare alla Sicilia e al recente appello del presidente siciliano di Confindurstria, Ivan Lo Bello.

Metano: una mano lava l'altra.



Enel annuncia la vendita dell'80% di Rete Gas. Ma la liberalizzazione non muove un passo...

Fulvio Conti, Ad di Enel, ha promesso che durante la prossima riunione del Cda dell'azienda verrà affrontato il tema della cessione dell'80% di Enel Rete Gas.

Enel Rete Gas, come il nome lascia intentedere, è la controllata che si occupa di distribuire il gas. Per la precisione il metano di città, quello che entra nelle case dei più fortunati tra gli italiani. Per essere ancora più precisi sono serviti circa 1.200 comuni italiani, tramite 31.000 km di tubi attraverso i quali scorre il 12% del metano consumato in italia.

La vendita di Rete Gas, a dire il vero, non è poi una scelta ma un obbligo visto che l'antitrust ha più volte sollecitato la Cassa depositi e prestiti (ente statale che possiede, insieme al Tesoro il 30% di Enel) ad uscire dalla società di distribuzione gas per evidente conflitto di interessi.

Lo stesso conflitto che deriva, sempre per la Cassa, dal partecipare all'azionariato di Eni, Enel, Terna e di tutte le altre big ex(?) statali.

La notizia, quindi, potrebbe essere accolta con un sospiro di sollievo, ma in realtà è meglio non gioire troppo.

Perchè a papparsi l'80% di Rete Gas, molto probabilmente, sarà F2i.

Mai sentita? La sigla sta per Fondi italiani per le infrastrutture e nel capitale possiamo trovare: Cassa depositi e prestiti, Banca Infrastrutture Innovazione e Sviluppo (Gruppo Intesa Sanpaolo), UniCredit, Lehman Brothers e Merrill Lynch (o meglio, quel che ne resta...), Fondazione Cariplo, Fondazione Monte dei Paschi di Siena, Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna, di Cuneo, di Forlì, di Padova e Rovigo, e di Torino, Inarcassa e Cassa Previdenza ed Assistenza dei Geometri.

Cioè, in pratica, Stato+Banche+Professionisti delle commesse pubbliche...

Da tutta questa operazione, alla fine, la concorrenza ne guadagnerà?

Letture consigliate: questa e questa.

Nucleare: documento unitario, regioni divise...

nucleare-regioni-divise

Le regioni sono compatte nel presentare un documento unitario al Governo sul ritorno al nucleare. Ma, paradossalmente, sono divise sul nucleare in sé. Ecco perchè...
Il nucleare suscita sempre le reazioni più strane.

L'ultima quella delle regioni che hanno redatto un documento da  presentare al Governo per ridiscutere, in alcuni punti anche profondamente, il Ddl Sviluppo approvato dal Senato pochi giorni fa.

Prima che la Camera approvi definitivamente il ritorno al nucleare, quindi, le regioni vogliono mettere i puntini sulle i.

Secondo le regioni, infatti, il Ddl Sviluppo prevede norme che "incidono profondamente, irragionevolmente e illegittimamente sulle competenze delle Regioni così come previsto dall’articolo 117 della nostra Costituzione". Non male come incipit.

Quello che non piace, in sostanza, è la delega completa al Governo sulla scelta dei siti degli impianti e dei depositi delle scorie radioattive. In deroga alla normativa vigente sull'energia, infatti, per il nucleare non sarebbe più previsto il parere della regione interessata.

Ma le regioni hanno da dire anche in fatto di petrolio e gas: “Del pari, le regioni, ribadendo quanto hanno già manifestato in relazione al Disegno di Legge n. 1441 ter durante la discussione alla Camera, ritengono assolutamente incondivisibile l’espropriazione delle competenze regionali in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi.

Con l’articolo 27 del Disegno di Legge n. 1195 approvato al Senato, si modificano irragionevolmente i commi da 77 a 82 dell’articolo 1della legge 23 agosto 2004, n. 239, per cui la residua attività di valutazione di impatto ambientale, irragionevolmente limitata alla sola attività di perforazione, viene sottratta alle Regioni per essere affidata all’Unmig, che é organo periferico del Ministero per lo Sviluppo economico, e l’autorizzazione sia per i permessi di ricerca che per la coltivazione dei giacimenti di idrocarburi viene riattribuita allo Stato in maniera esclusiva, attraverso un procedimento unico, azzerando l’accordo del 2001 in sede di Conferenza Unificata, che aveva sancito lo strumento dell’Intesa Stato/Regioni in materia".

Confermati, quindi, i timori della Regione Basilicata.

A parte i dettagli tecnici su chi deve decidere i siti, però, non tutte le regionihanno la stessa idea sul ritorno al nucleare.

Il fronte del no vede schierate decisamente Puglia, Sardegna e Basilicata. Quello del sì Lombardia e Veneto.

Temporeggia, infine, la Sicilia.

P.S. se volete leggere il documento integrale delle regioni cliccate qui.

Stefania Prestigiacomo, in preda ad un attacco di Via compulsiva, ha firmato le autorizzazioni per costruire quattro nuove centrali termoelettriche. Produrranno 2.000 Mw.



Nucleare: in Puglia secco no del Consiglio Regionale



"Il Consiglio regionale della Puglia, interpretando i sentimenti piu' veri degli uomini e delle donne della Puglia, esprime il proprio 'NO' fermo e determinato, a qualunque ipotesi di installare in Puglia una centrale nucleare o un sito per le smaltimento delle scorie radioattive"

Più chiara di così non poteva essere la maggioranza di sinistra pugliese. E, d'altronde, Niki il guerriero Vendola aveva già preannunciato battaglia.

Oltre al secco no al nucleare, dal Consiglio regionale pugliese arriva anche la richiesta esplicita a tutti i parlamentari eletti in Puglia a bloccare qualunque ipotesi di costruzione di impianti in mezzo ai trulli.

La votazione dell'ordine del giorno, però, ha visto la fuoriuscita dei consiglieri di centrodestra che, con un sopraffino escamotage hanno evitato di dover dare un parere esplicito al nucleare: sono usciti per questioni di galateo, visto che il Presidente del Consiglio ha dato la parola prima a Vendola e poi al capogruppo del Pdl, che si era iscritto a parlare per primo.

Chissà cosa avrebbe detto...

Rigassificatore Priolo. Salta la conferenza dei servizi.

sindaco-rizza-priolo

Appena quattro rige per rimandare sine die la conferenza dei servizi per il rigassificatore di Priolo. Nessuna spiegazione sul perchè.
Quattro righe, queste:

PALERMO – Su richiesta del sindaco di Priolo, in rappresentanza dei sindaci dell’area e della provincia di Siracusa, la conferenza dei servizi, che oggi doveva procedere all’esame del progetto per la realizzazione di un terminale di rigassificazione nell’area industriale di Priolo, è stata rinviata a data da destinarsi.

E' lo scarno comunicato con cui la Regione Siciliana annuncia che la conferenza dei servizi sul rigassificatore di Priolo è stata annullata in seguito alla richiesta del Sindaco di Priolo Antonello Rizza che doveva partecipare anche in rappresentanza degli altri sindaci della zona interessata all'opera.

Non è chiaro, però, il perchè. Nè si sa se l'iniziativa di rinviare la conferenza dei servizi sia di Rizza o di qualcun altro dei colleghi che avrebbe dovuto rappresentare.

Forse (speriamo) domani daranno qualche spiegazione...

Sealine Tirrenica: arriva la Class Action.

sealine-tirrenica-blog

Lo avevano preannunciato, aspettavano solo la legge. Ora è arrivata...
"Se vorranno farla qui, pagheranno caro. E capiranno che gli conviene farla da un'altra parte...".

Era stato chiarissimo l'Arch. Crisafulli: qualunque nuovo impianto nella Valle del Mela dovrà passare sul cadavere della Tat, l'associazione tutela ambiente e territorio.

Puntuale come un orologio, allora, arriva l'avviso di Class Action contro Snam Rete Gas. Cioè l'Eni.

L'azione giudiziaria collettiva è resa possibile dal neo-quasi-nato Ddl Sviluppo, che la permette ma ne vieta la retroattività. In altre parole, per essere brevi, i cittadini della Valle del  Mela non potranno chiedere il conto dei danni subiti prima dell'entrata in vigore della legge.

Che, tra l'altro, ancora non è neanche entrata visto che manca l'ultimo passaggio (passeggiata?) alla Camera dei Deputati.

In ongi caso, cavilli a parte, la Class Action proposta dalla Tat è contro la Sealine, che ancora deve essere costruita, quindi rientrerebbe nella norma, qualora non venisse ulteriorimente diluita...

Contro l'Eni, in bocca al lupo ai "quattro amici al bar".

P.S. tutti i dettagli li trovate qui.

Energia: il Ddl col tetto che scotta...

senato-ddl-sviluppo

Intrigo a Palazzo Madama.: sul sito web del Senato viene pubblicato il Ddl Sviluppo, carico di novità per il settore energia. Contiene anche la proroga dei tetti antitrust per l'Eni. Ma il testo era sbagliato...

Ancora non sono riuscito a capire, tra un emendamento e l'altro, cosa è finito realmente nel Ddl Sviluppo e cosa, di conseguenza, passerà alla Camera per l'approvazione definitiva.

E non ci sono riuscito perchè è tutta la mattinata che cerco sul sito del Senato sto benedetto disegno di legge, ma senza fortuna.

Poi mi leggo un po' di stampa di settore e capisco tutto: è stato tolto dal sito perchè era sbagliato!

In pratica si erano scordati di togliere dall'articolo 34 il prolungamento al 2015 dei tetti antitrust sulla distribuzione del gas che, attualmente, impediscono all'Eni di salire oltre il 61% della quantità totale di gas distribuito in Italia.

Il rinnovo dei tetti, in realtà, era stato depennato dal testo e la sua ricomparsa è stato, appunto, un clamoroso errore che ha richiesto subito la correzione.

Il problema è: e ora? i tetti restano? vanno via? ne arriveranno altri?

Prendendo per buono il testo corretto del Ddl, ammettendo che sopravviva alla Camera senza modifiche, e partendo dal presupposto che ridurre il peso di Eni è cosa buona e giusta, la risposta è: bù?

Non è che la risposta non la so o non c'è. E' che non c'è ancora...

I maligni dicono che l'Eni voglia perdere tempo, fare scadere i termini dei famosi tetti e poi ripapparsi il mercato.

Certo, considerando che i tetti scadono nel 2010 e siamo quasi a metà 2009, come si suol dire, a pensar male ci si potrebbe anche azzeccare...

Il problema, però, è sempre lo stesso perchè la nostra classe politica dovrebbe tirar fuori gli attributi e decidersi una volta per tutte a rispondere a una domanda semplicissima: in Italia l'energia è una risorsa strategica o è un bene economico come tutti gli altri che si scambia sul mercato?

Le mani del Governo sul petrolio lucano?



Il Ddl Sviluppo, uno strano comunicato stampa, un pozzo di soldi in arrivo...

Su un blog lucano ho trovato una notizia dai molti aspetti interessanti.

Si tratta della nuova procedura di concessione delle licenze per esplorare il territorio in cerca di idrocarburi e per estrarre gli idrocarburi stessi.

Tali autorizzazioni, secondo la nuova norma, non prevederebbero più il passaggio dalla Regione competente: basta un accordo con il Governo nazionale per iniziare a trivellare.

La procedura è inserita nel Ddl Sviluppo, da pochi giorni approvato al Senato e di cui ho già evidenziato altri aspetti interessanti per il sud Italia.

La pesante critica a questa scelta, invece, è contenuta in un ancor più pesante comunicato stampa del Dipartimento Ambiente e Territorio della Regione Basilicata, che afferma (testualmente) che la Basilicata in questo modo viene trattata come la Nigeria o altri paesi africani.

La cosa che mi stupisce, in tutto questo, è che il comunicato stampa in questione (intitolato “Le mani del Governo sul petrolio lucano”) non sembra nemmeno la classica comunicazione istituzionale ma, al contrario, pare quasi un appassionato post di un blog locale.

Fatto sta che, per correttezza, va detto che la Basilicata un po' ci perde ma molto ci guadagna: nello stesso Ddl Sviluppo, infatti, è contenuto anche l'aumento delle accise sui prodotti petroliferi dal 7% al 10%.

E considerando che già oggi i lucani guadagnano oltre 100 milioni di euro l'anno di royalities forse non hanno solo motivi per recriminare. Anzi, c'è chi è stato trattato molto peggio...

Priolo-Augusta: intesa per il nuovo elettrodotto.


Servirà a migliorare la sicurezza della rete, anche in previsione del rigassificatore.

Pochi giorni fa la Regione Siciliana e Terna si erano giurate eterno amore. Oggi arriva il primo figlioletto, seppur piccino.
È stato, infatti, firmato il protocollo d’intesa tra Terna, Regione e Comune di Augusta per la realizzazione di una variante del collegamento a 150 Kv presente nella zona di Priolo-Melilli-Augusta. Una zona densissima di centrali elettriche di tutti i tipi: a gas, a tar e persino idroelettrica (non molto lontano).

Leggendo la nota che annuncia l’accordo, scopriamo che la variante firmata oggi verrà realizzato solo tra qualche anno, quando entrerà in funzione il nuovo collegamento a 380 Kv tra la stazione elettrica di Paternò (in provincia di Catania, il nodo a cui afferisce la corrente portata dalla dorsale appenninica che corre anche sul fondo dello stretto) e Priolo.

La variante della 150 Kv, in questo scenario futuro, servirà ad adattare la situazione alla luce del rafforzamento della dorsale fino a Priolo. Tutto ciò, come si legge nella nota, “anche alla luce degli sviluppi previsti”, cioè del rigassificatore e di tutto il polo del freddo che dovrebbe fargli da contorno.

In ogni caso, una linea elettrica più moderna in Sicilia non fa mai male, visto che il problema della rete è uno dei maggiori limiti alla qualità del servizio e allo sviluppo delle fonti alternative.

Per superare problemi così grossi, però, Terna dovrebbe cominciare a spendere quei famosi 700 milioni di euro fermi nel cassetto a causa dei bolli e dei timbri mai arrivati dalla Regione.

Bene, ora l’accordo con la Regione c’è, non ci sono altre scuse, aspettiamo tutti con ansia l’arrivo di questa rete ultramoderna.

Non sarà molto “smart”, ma almeno sarà più sicura di quella che abbiamo oggi…

Ecodem Sicilia: no al nucleare, al più presto i decreti attuativi delPears.

ecodem-sicilia

Gli ecodem siciliani si sono riuniti sabato scorso a Castellammare del Golfo (Tp) per parlare di metanizzazione dei comuni e, più in generale, di energia.
Per farlo il presidente regionale Bellassai ha scelto due signori ospiti: il Prof. Celidonio Dispenza e il Prof. Giorgio Beccali, rispettivamente Responsabile Scientifico e Coordinatore del Gruppo di Studio che ha redatto il Pears, il nuovo piano energetico siciliano.

Meglio di loro due, che lo hanno scritto, il Pears non lo conosce proprio nessuno. Anche per questo non ho potuto fare a meno di fare a entrambi alcune domande e, nei prossimi giorni, metterò online una gustosissima intervista doppia.

Oggi, però, è bene fare il punto della posizione ecodem.

In sintesi: secco no al nucleare, apertura ai rigassificatori (che, a detta di Bellassai, hanno un impatto ambientale trascurabile) e alla riconversione delle centrali termoelettriche da olio combustibile a ciclo combinato turbogas. Per quanto riguarda i termovalorizzatori dei rifiuti, invece, la posizione espressa da Bellassai non è chiarissima. Ma non per colpa sua...

Gli ecodem, in pratica, aspettano di vedere le carte. Il problema dei rifiuti esiste e non si registra una chiusura completa verso la possibilità di costruire uno o più impianti di termovalorizzazione.

Ma bisogna vedere come e che tipo di impianto, garantendo, insomma, l'uso di tecnologie mature e passando comunque da una robusta dose di raccolta differenziata.

Ma è sulle rinnovabili che il discorso si è fatto interessante: a detta di Bellassai, infatti, il Pears è fatto bene e prevede il giusto sviluppo delle fonti alternative agli idrocarburi. Buono anche il limite all'eolico nelle zone di pregio archeologico o paesaggistico.

Meno buono, invece, il tempo già passato e che ancora passerà prima di vedere il piano messo in pratica, grazie ai decreti attuativi dell'assessorato regionale all'Industria.

In altre parole: per il momento, per gran parte dei temi più caldi, la posizione del Pd in fatto di energia e ambiente non è poi molto distante da quella del governo regionale.

Ne prendiamo atto in attesa, anche noi, di vedere i decreti dell'assessore Pippo Gianni.

Berlusconi, Putin, Schröder, i gasdotti. Dove stiamo andando? Tutta laverità...



Berlusconi è volato in Russia dall'amico Putin. Con lui anche l'Ad di Eni Scaroni. Sul tavolo il futuro dell'energia in Europa...

I gasdotti sono una mia vecchia passione, me li studio ormai da qualche anno. Specialmente da quando, finito uno stage al Cnr, ho iniziato a scrivere per Pagine di Difesa.

Oggi Berlusconi è in Russia, dall'amico Putin, proprio per parlare di gasdotti. Uno in particolare: il South Stream. Si tratta del "braccio sud" della tenaglia energetica che la Russia, ormai da qualche anno, ha intenzione di realizzare per cingere la ricca Europa in un abbraccio energetico molto poco affettuoso.

Ricapitolare tutta la storia del South Stream è complesso e richiederebbe troppo tempo. Mi permetto, e spero mi perdonerete, di riproporvi un pezzo vecchio (ma non troppo) che scrissi un anno e mezzo fa per Pagine di Difesa.

In linea di massima è tutto ancora a quel punto, a parte qualche accordo nei balcani.

Prima di lasciarvi al South stream, però, vi voglio ricordare velocemente che l'Europa sogna un gasdotto diverso: il Nabucco, studiato proprio per scappare dalla Russia. I dettagli sul Nabucco li trovate a questo link, purtroppo un po' vecchiotto...

Per il South Stream, invece, continuate a leggere.

La rete dei gasdotti europei, davanti e dietro le quinte
Pagine di Difesa, Giuseppe Croce, 22 gennaio 2008


Sofia, 18 gennaio 2008: accordo tra la Bulgaria e il colosso del gas russo Gazprom sul passaggio della pipeline South Stream dal territorio Bulgaro. I dettagli dell’accordo prevedono una comproprietà paritaria al 50% tra Russia e Bulgaria sul tratto bulgaro del gasdotto e un aumento della quantità di gas disponibile per i bulgari dai 17 miliardi di metri cubi attuali ai futuri 30 miliardi.

Con quest’accordo, strappato da Putin in persona nel corso della sua visita ufficiale a Sofia, si delinea maggiormente la strategia di Gazprom per le future forniture di gas all’Europa centro meridionale. Il progetto South Stream, infatti, prevede un tragitto di circa 900 km con partenza da Beregovaya (città russa sulla costa del Mar Nero) e arrivo in Italia. Un progetto, come molti dei piani di Gazprom, faraonico e dai risvolti tecnici estremamente impegnativi considerando che i tubi saranno posati sul fondo del Mar Nero a profondità che raggiungono i duemila metri.

La cosa assai interessante dell’accordo è che la rotta del gasdotto non è stata ancora definita e vi sono due opzioni percorribili: la prima, quella sud, prevede il passaggio da Grecia e Albania con arrivo a Otranto tramite il gasdotto Igi; la seconda, la rotta nord, prefigura un passaggio da Romania (o, in alternativa, Serbia), Ungheria, Austria e arrivo in nord Italia (probabilmente Tarvisio). In entrambi i casi, comunque, la Bulgaria si rivela punto di passaggio obbligatorio, cosa che rende l’accordo del 18 gennaio fondamentale per dare inizio agli studi di fattibilità. Il gasdotto, qualunque sia il suo percorso finale, verrà realizzato dalla joint venture paritetica di diritto svizzero Eni-Gazprom Ag formalizzata appena 24 ore prima dell’accordo bulgaro. Nel progetto, quindi, l’Eni parteciperà da protagonista tramite l’ormai consolidato e riconosciuto know how di Saipem.

Se gli aspetti industriali del progetto sono estremamente interessanti (si parla di almeno dieci miliardi di euro di investimento per una rotta quasi completamente nuova), gli aspetti geopolitici dell’affare lo sono ancora di più. Il South Stream, infatti, non sarà solo: ad esso verranno affiancati il Nord Stream (ancora da costruire), il Blue Stream (già inaugurato) e il progettato raddoppio della Yamal-Europe pipeline.

Si va delineando, quindi, una mappa densissima di collegamenti tra Russia ed Europa che, già a guardarla, tradisce due obbiettivi di fondo evidenti: il primo è scavalcare totalmente l’Ucraina, ormai considerata un paese ex amico dai russi; il secondo è diversificare le possibilità di entrata in Europa per il gas russo, offrendo contemporaneamente un valido motivo per fare affari con Mosca e un altrettanto valido motivo per non farne con i Paesi produttori dell’Asia centrale.

Del South Stream abbiamo già parlato. Per quanto riguarda il Nord Stream ricordiamo che si tratta di un mega gasdotto dedicato al Nord Europa, Germania in particolare (primo mercato estero per Gazprom e con prospettive di sviluppo notevolissime in seguito alla decisione da parte di Berlino di rinunciare al nucleare civile per la produzione di energia elettrica), ma anche ai Paesi Baltici e Gran Bretagna che avranno delle bretelle sottomarine dedicate.

I dati parlano di due tubature (prima ne verrà costruita una, da raddoppiare in un secondo tempo) da 1.220 mm di diametro per una portata annua di 27,5 milioni di metri cubi di gas (per la sola prima tubatura, 55 milioni ad opera ultimata). Tra il tratto onshore russo e quello offshore sul fondo del Baltico verranno stesi quasi duemila km di tubi.

Il Nord Stream, però, ultimamente soffre di qualche problema: è ormai un dato assodato che i costi, inizialmente calcolati in cinque miliardi di euro, lieviteranno notevolmente. Ciò allontana di qualche anno l’entrata in funzione dell’infrastruttura perché costringe le società partecipanti al progetto (le tedesche Basf e E.On e Gazprom) a rivedere tutta la struttura finanziaria dell’opera.

I tedeschi, però, sono dei clienti importantissimi per Mosca e farseli scappare sarebbe un vero e proprio suicidio economico. Ragionevolissima, per questo, la domanda posta da un giornalista bulgaro all’amministratore delegato di Gazprom Alexei Miller durante la conferenza stampa di presentazione dell’accordo russo-bulgaro: il giornalista ha chiesto se era nei piani di Gazprom un raccordo tra il Nord Stream e il South Stream.

Miller ha risposto che i due progetti sono attualmente separati ma la rete europea già esistente di gasdotti rende tecnicamente possibili interscambi tra diversi Stati consumatori.

Qualora la rotta del South Stream dovesse terminare in Austria, è probabile quindi che venga fatto un allacciamento con la Germania come compensazione per i ritardi subiti dall’altro gasdotto.

Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che l’ex premier tedesco Gerhard Schröder è stato scelto per guidare (e sorvegliare) la “Nordeuropäische Gas Pipeline Gesellschaft”, che altro non è che la società che realizzerà il gasdotto, e ciò la dice lunga su quanto i tedeschi vogliano (e cercheranno in tutti i modi possibili di averla) l’infrastruttura in questione.

Per quanto riguarda il Blue Stream, invece, ne abbiamo già parlato su queste pagine (Vds. Trasformare l’Italia nello snodo energetico dell’Europa) e va solo ricordato che si tratta di un gasdotto di dimensioni e portata inferiori (sebbene di tutto rispetto) agli altri due progetti.

Si tratta di un gasdotto prettamente sud europeo destinato all’Italia con cui, in buona sostanza, Gazprom ha messo alla prova le capacità tecniche di Eni e Saipem. Il progetto è andato in porto e ora le due società italiana e russa vanno sempre più a braccetto.

Con la Yamal-europe pipeline, invece, si torna al centro-nord Europa: dalla Russia percorre quasi 4.200 km attraverso Bielorussia e Polonia per arrivare in Germania. A differenza del Nord Stream, quindi, non è un gasdotto dedicato espressamente al mercato tedesco e nord europeo e le forniture vanno divise con i Paesi di passaggio.

Nello specifico la pipeline già esiste e funziona da anni ma è in corso il raddoppio. Dicevamo che i futuri gasdotti targati Gazprom (e per, per la parte tecnica, Eni) mirano a scavalcare l’Ucraina e a far pressione sui Paesi produttori di gas dell’Asia centrale. Vediamo come.

L’Ucraina, un tempo tratto fondamentale del ‘Gasdotto della fratellanza’ sovietico, come tutti ricorderanno si è ‘macchiata’ del peccato di aver creato problemi alle forniture russe all’Europa occidentale sifonando indebitamente e ripetutamente il gas diretto a ovest.

Un’onta da lavare immediatamente per Gazprom che della sicurezza nelle forniture ha fatto la sua bandiera e la base di ogni trattativa con gli europei. Ad oggi l’Ucraina ha un’arma con cui ricattare la Russia: bloccare le due tubature che portano il gas russo in Europa.

Il giorno in cui i nuovi mega gasdotti entreranno in funzione l’Ucraina sentirà la campana a morto e dovrà ridimensionare notevolmente il suo atteggiamento di parziale sfida nei confronti di Gazprom.

Per quanto riguarda gli altri Paesi produttori, quelli dell’area caucasica e caspica, la situazione è più complessa.

Si tratta, assai spesso, di Stati ex sovietici che a più di 15 anni dalla caduta dell’Urss non hanno ancora deciso da che parte stare. La proposta russa è chiarissima: Gazprom compra a prezzo contenuto il loro gas e lo veicola sui propri gasdotti.

Una soluzione che riduce drasticamente i ricavi per i produttori ma, allo stesso tempo, mette a disposizione la possibilità di vendere gas senza spendere un centesimo in gasdotti e, trattandosi di infrastrutture russe, offre una ragionevole soglia di sicurezza e di protezione da ritorsioni geopolitiche e attacchi terroristici.

Attaccare interessi russi è una cosa, attaccare interessi Kazaki o Turkmeni è ben altro.

La scelta è resa assai difficile dal fatto che gli Stati Uniti, sin dal crollo dell’Urss, si sono dati a una politica del tutto simile nell’area in questione e offrono più o meno le stesse cose dei russi. Accontentare entrambi, ovviamente, è impossibile mentre fare da soli è fruttuoso ma rischioso.

Un esempio lampante di questa situazione lo offre il mega giacimento kazako di Kashagan che, in teoria, è una miniera d’oro ma, in pratica, si sta rivelando un vero e proprio tormento per tutti gli attori coinvolti nello sfruttamento. Eni in primis.

La storia industriale post sovietica di Kashagan inizia nel 1993 quando Eni, British Gas, British Petroleum, Mobil, Shell e Total formano il consorzio di esplorazione insieme al governo kazako. A fare le perforazioni ci pensa Shell e trova la gallina dalle uova d’oro.

I lavori, però, vanno a rilento a causa di problemi tecnici che rendono difficile l’esplorazione, motivo per cui nel 2001 la leadership del consorzio passa ad Eni.

Nel frattempo i costi dell’operazione lievitano enormemente e il ministero delle Risorse energetiche di Astana si comincia a innervosire perché ha fretta di mettere in produzione il giacimento (i kazaki, in pratica, campano di solo export energetico) e comincia a mettere i bastoni tra le ruote al consorzio adducendo motivi ambientali per ottenere, in realtà, una partecipazione (e ricavi correlati) maggiore nel consorzio stesso.

Dopo infiniti botta e risposta tra Astana e San Donato Milanese la situazione si sblocca solo il 14 gennaio di quest’anno con una pesante rinegoziazione dell’accordo del ’93: secondo i nuovi patti il governo kazako raddoppia la propria quota nel consorzio (e pagherà circa 1.8 miliardi di dollari per farlo) ma ottiene un rimborso per il tempo perduto pari a quasi cinque miliardi.

Come se ciò non bastasse a partire dal 2011 l’Eni perderà la leadership del consorzio condividendola con Exon-Mobil, Shell e Total. Tutto ciò pur di mettere in produzione il giacimento; per trasportare il gas ci vorranno altri accordi.

Il gas kazako, infatti, dovrebbe viaggiare verso l’Europa tramite il gasdotto Nabucco, attraversando Turchia e Balcani. Se non fosse che tale gasdotto è un progetto sponsorizzato dalla Ue che, come già ricordato da varie firme su queste pagine, ha negli ultimi anni una politica energetica distante da quella dei suoi Stati membri.

E, se non si fa il Nabucco (alternativo ai gasdotti russi), proprio dai gasdotti russi il gas di Kashagan dovrà passare. Poco importa che gli Stati Uniti si siano dichiarati interessati a un programma energetico europeo alternativo ai singoli programmi dei singoli Stati nazionali (con l’Europa gli Usa, tramite Nato, sono ben abituati a ‘trattare’): se l’Ue non si dà una mossa, e in tempi brevi, l’unica prospettiva credibile per garantire la sicurezza energetica sarà quella di affidarsi (in toto e definitivamente) ai vari Stream di Gazprom.
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Se, invece, volete sapere esattamente da dove dovrebbe provenire il gas del gasdotto concorrente, il Nabucco, troverete moltissime informazioni utili qui.

I governatori si preparano alla battaglia: il nucleare non si farà. Anzi sì. Forse. Attacco con tre...


risiko

Sicilia: Gnl a tutto gas!

gianni
L' assessore all'industria della Regione siciliana, Pippo Gianni, stringe per i due rigassificatori. Fedele alla nuova linea inaugurata con il Pears, studia già le compensazioni ambientali.

Pippo Gianni ha incontrato stamattina gli amministratori locali della provincia regionale di Siracusa e dei comuni interessati alla realizzazione del rigassificatore di Priolo Gargallo.

Oggetto dell'incontro, le eventuali “misure compensative” che la regione chiederà alla Erg, titolare del progetto del terminale Gnl, “nel caso in cui lo studio finalizzato alla verifica di sicurezza dovesse dare esito positivo”.

Gianni, evidentemente, ha fretta di concludere visto che si è portato già un passo avanti: ancora non si sa se il rigassificatore ha tutte le carte in regola ma già la Regione chiede il conto all'azienda che lo costruirà.

Perchè, a questo punto, nessuno ha più il dubbio se l'opera veda la luce o meno. Un messaggio chiarissimo al comitato del no che, dopo il recente referendum consultivo, sperava ancora di fermare l'iter del progetto.

Stesso discorso per l'altro rigassificatore, quello di Porto Empedocle.
In questo caso le richieste di compensazione ambientale sono già state fatte e l'assessore Gianni le ha appena consegnate in mano all’amministratore delegato di “Nuove energie”, costola del gruppo Enel, che adesso ha tutto l'interesse ad esaminarle in fretta e approvarle senza troppe remore.
Qualunque compensazione dovrà pagare l'Enel, molto probabilmente piangerà con un occhio solo...

Mentre la politica corre, però, a quanto pare la burocrazia è parecchio indietro, almeno quella dell'altro assessorato interessato alle questioni energetiche, quello al Territorio e Ambiente.

È di oggi, infatti, il grido di dolore di Confindustria Sicilia: nientepopodimenochè il suo presidente, Ivan Lo Bello, ha esplicitamente chiesto il potenziamento del servizio Via-Vas per smaltire gli arretrati sul tavolo.

E che potenziamento: Lo Bello chiede la bellezza di “almeno” 100 nuovi tecnici competenti in assessorato, altrimenti il rischio sarebbe quello di restare fuori dalla spartizione degli incentivi per il conto energia.

Ma se ne mancano 100, che assessorato è?

Ddl Sviluppo: il Veneto ride, la Sicilia piange...



Tra gli emendamenti approvati, quello sulla riduzione del prezzo della benzina nelle regioni che ospitano un rigassificatore. Bocciato quello sul passaggio delle accise sui carburanti dallo Stato alla Regione Siciliana.

Tra le mille cose previste dal Ddl Sviluppo, in queste ore in chiusura al Senato, molte riguardano l'energia.
E spulciando si trovano notizie interessanti per la vita quotidiana degli italiani. Alcune buone, altre cattive.

La buona: passa l'art. 27-bis che prevede l'estensione degli sconti alla pompa, oltre alle regioni "produttrici" di gas e petrolio, anche a quelle che ospitano, o ospiteranno, impianti di rigassificazione onshore o offshore. 

Felicissimi i veneti, che potranno presto far fruttare il proprio impianto Gnl off shore di Porto Tolle.

La brutta: non passa, per mancanza di copertura finanziaria, il 16-bis, che prevedeva il trasferimento completo delle accise sui prodotti energetici dallo Stato alla Regione Siciliana.

Lo scopo dell'articolo era pregevole: risanare le casse della sanità isolana che, da qualche tempo a questa parte, non stanno messe benissimo.

Che dire, regione che vai, politici che trovi, bis che guadagni.

Nucleare: Ragusa di nuovo nella mappa



Dopo il falso allarme (e la relativa figuraccia) dello scorso mese, Ragusa torna in lizza tra i possibili siti idonei.

A poche ore dal via libera del Senato al ritorno del nucleare, è ripartita la lotteria delle location.
Greenpeace apre le danze rispolverando una mappa del Cnel (oggi Enea) vecchia più di trent'anni.

In Sicilia risultano idonee le aree tra Marina di Ragusa e Torre di Mezzo (Rg), le zone costiere di Gela (Cl), Licata (Ag) e Mazara del Vallo (Tp), che gli amici di Greenpeace, erroneamente, scrivono con due zeta.

La scelta dei siti proverrebbe dall'incrocio delle aree idonee con quelle sottoposte a vincoli (ambientali, archeologici e sismici).

In pratica si tratterebbe di scegliere "il male minore". Decisamente una bella prospettiva.

La notizia, preciso e ripreciso, va presa con le molle e non dovrebbe creare troppi allarmismi nei ragusani o negli abitanti delle altre zone "prescelte" visto che, prima di tutto, si parla di una mappa più vecchia di chi vi scrive e vista , poi, anche la precedente pessima figura dei cartografi del nucleare che, pochissimo tempo fa, davano Palma di Montechiaro come sito sicuro e per di più ragusano, e non agrigentino...

Prima di dare certe notizie, io credo, bisognerebbe fare un minimo di lavoro sulle fonti...

A proposito di fonti: la mappa del Cnel riportata da Greenpeace la trovate qui.

Rete elettrica. Pace fatta in Sicilia?



Firmato un protocollo d'intesa tra Terna e Regione. Ma non è tutto oro quel che luccica...

La Regione Siciliana e Terna fanno pace. O almeno depongono temporaneamente le armi...
Oggetto del contendere l'ormai mitico e mitologico potenziamento della rete elettrica siciliana ad alta tensione (la 380Kv, in pratica la dorsale), che in Sicilia, allo stato attuale, è poco più che un filo di rame.

L'intesa prevede “lo scambio di informazioni cartografiche e territoriali e la sperimentazione della Valutazione ambientale strategica”. Cioè, in pratica, saremmo ancora in fase di studio...

Il responsabile del Servizio Via-Vas dell'assessorato regionale territorio e ambiente, Natale Zuccarello “ha dato la propria disponibilità a collaborare con gli enti locali per affrontare e superare le criticità ambientali che possono emergere a seguito della realizzazione delle opere”.

Mi si permetta la battuta: e ci mancherebbe!

Qui qualcuno non ce la racconta giusta: la Regione dice, da anni, che Terna non vuole spendere soldi in Sicilia mentre Terna dice che è la Regione che non mette i bolli...

Ma c'è di più: secondo l'assessore al Territorio e Ambiente Sorbello l'obbiettivo è quello di "dare una risposta concreta alla domanda di sviluppo della Sicilia, garantendo la salvaguardia ambientale attraverso il sistema degli interventi compensativi".

Ma, se conosco a sufficienza l'italiano, se un intervento è “compensativo” vuol dire che un danno è stato fatto, altrimenti non si capisce che cosa dovrebbe compensare Terna o chiunque altro lavori in Sicilia.

In realtà, per dire le cose come stanno, l'accordo di oggi non è altro che l'aggiornamento della vicenda in base al recente Piano energetico regionale che, al Punto 6 a Pag. 14, prevede che nel caso in cui, in sede di conferenza dei servizi, i vari attori non si mettano d'accordo, chi propone l'opera può “ammorbidire” chi la riceve con adeguate misure compensative: riforestazioni, rinaturalizzazioni degli alvei dei corsi d'acqua, disinquinamento di litorali etc. etc..

Il che, sempre se conosco a sufficienza l'italiano, non vuol dire prevenire un danno ma farselo perdonare riparandone un altro...

E, per di più, ancora non abbiamo capito se l'attuale stato della rete siciliana costituisce un limite tecnico allo sviluppo delle fonti rinnovabili oppure no.

Nucleare: tengo famiglia


sciopero

I sindacati scrivono al sottosegretario: non smembrate Sogin.

Da alcuni mesi la Sogin (quel pezzetto di Stato che, da una ventina d'anni dovrebbe "smontare" le vecchie centrali nucleari dismesse dopo il referendum) è tornata ad essere oggetto di discussione.
Per anni ha sonnecchiato tranquilla, distribuendo stipendi e consulenze senza rompere le scatole a nessuno. Ogni tanto capitava qualche piccolo incidente, dovuto all'età avanzata delle centrali (o di chi ci lavora, son sempre loro...), ogni tanto qualche fusto radioattivo veniva spostato, ogni tanto veniva piazzato sotto la pioggia a corrodersi, ma niente di particolarmente allarmante e grazie al cielo siamo ancora tutti vivi e in discreta salute.

Da quando il governo si è messo in testa di rifare il nucleare, però, si è voluto sbarazzare della Sogin progettando di "smontarla" in tanti pezzettini. Forse, volendo pensar male (e quindi probabilmente azzeccandoci) per distribuire i costi e le responsabilità: più sono piccoli i pezzetti di carne dello spezzatino, più la carne stessa sa di patate...

I sindacati non l'hanno presa benissimo: dopo una serie di scioperetti e sit-in l'ultima è una missiva a Gianni Letta, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri. L'uomo più vicino al Cavaliere che ci sia...

Che dire, se scrivono a gente così in alto si vede che hanno paura veramente. Però ci potevano pensare anche prima... non è che alla Sogin, dal dirigente di turno all'operaio di primo pelo, si siano mai ammazzati di lavoro.

Ok, il pesce puzza sempre dalla testa e alla Sogin la testa è sempre stata un "politico", di nomina o di fatto. Ma, signori miei, il nucleare non è proprio la cosa più trascurabile del mondo...

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