Centrali fantasma

L’inquinamento c’è, ma non si vede. Il nuovissimo servizio web Eye on Earth, inventato per monitorare l’inquinamento tramite foto satellitari, nasce sotto una pessima luna: nelle foto sparisce la centrale elettrica Edipower di Milazzo...

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Quando si dice iniziare col piede giusto!

Non ho fatto neanche in tempo a trovare cinque minuti per visitare il sito Eye on Earth, che vorrebbe essere l’alternativa a Microsoft ai servizi offerti da Google con Google Earth e Google Maps, che già sto nuovo sito è stato sputtanato…


Eppure i presupposti per un successone c’erano tutti: tecnologia Microsoft e dati dell’Agenzia europea per l’ambiente.

Insomma, un Google Earth specifico per l’inquinamento.

Con tanto di promozione mediatica su tutti i tg nazionali con titoli tipo “scopri l’inquinamento dietro casa tua” e robe del genere…

Dove sta il problema?

Che i dati, a detta del WWF, sono sballati. Peggio ancora: le foto satellitari sono sballate.

Dove sta l’errore? A Milazzo, provincia di Messina.

Centrale termoelettrica Edipower (ex Enel) di San Filippo del Mela, attaccata alla Raffineria di Milazzo, brucia in abbondanza il petrolio raffinato nell’impianto a fianco e produce, a pieno regime, 1.600 Mw.

Decisamente tutto tranne un impianto minore, visto anche che è in corso una pesantissima battaglia tra azienda, amministrazioni locali, associazioni ambientaliste e comitati spontanei per capire se, e come, questa centrale ad olio combustibile debba continuare a produrre.

Se non ricordo male, ma potrei sbagliarmi, dei sei gruppi di produzione attualmente un paio dovrebbero essere fermi in attesa di autorizzazione. In pratica si aspetta che l’Edipower metta qualche filtro.


Bene, questa centrale, a detta del Dr. Giuseppe Falliti, referente regionale aree industriali a rischio per la Sicilia del WWF, nelle mappe di Eye on Earth non ci sarebbe nemmeno.

Avete capito bene: non stiamo parlando di dati di centraline o di statistiche sui tumori, che possono essere ballerine, ma di una foto satellitare.

Vista dall’alto, secondo Google l’area in questione è così:

Foto 1 C. Edipower su Google Earth
Secondo Eye on Earth, invece, cosi:

Foto 2 C. Edipower su Eye on Earth
Sembra una zona diversa (ma ho controllato con entrambi i servizi zoomando avanti e indietro e vi assicuro che è lo stesso posto) perchè nella seconda foto manca qualcosa:  una centrale termoelettrica ad olio combustibile da 1.600 Mw!

Volete conoscere quanto è inquinata la campagna dietro casa vostra? Cambiate servizio…

Volete, invece, sapere come si vive a Milazzo e dintorni senza addentrarvi nelle mappe satellitari? Chiedetelo a chi ci vive.





Clima al veleno

Ritornano le buste all’antrace. Questa volta contro l’Onu e l’accordo sul clima. Ma l’antrace è finta…
  
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Ho appena trovato una notizia molto interessante sul prossimo accordo (?) di Copenhagen sul clima.


L’ho letta su Il caffè geopolitico e mi sembra interessante, per quanto bizzarra.

A quanto pare (la notizia sarebbe confermata, almeno in parte, anche dal New York Times) da alcuni giorni arriverebbero buste firmate “Al Qaeda” agli uffici dell’Onu. Anche alla delegazione italiana.

Nelle buste ci sarebbe una strana polvere bianca. No, non è cocaina…

E non è neanche antrace, anche se in molti nei palazzi dell’Onu se la sono fatta sotto dalla paura, memori dei fatti del 2001.

Oltre alla polvere misteriosa, nelle buste ci sarebbero anche frasi minacciose contro l’accordo sul clima che dovrebbe essere sottoscritto a dicembre a Copenhagen.

Essendo io per natura scettico, ed avendo ottimi motivi per pensare che l’accordo di Copenhagen sarà fatto di finissima porcellana danese, credo poco anche in queste buste minacciose.

Ma, forse ottimisticamente, apprezzo il fatto che almeno qualcuno sia abbastanza fiducioso in un accordo reale sul clima da spendere i soldi dei francobolli per cercare di impedirlo.

L’articolo sul fattaccio lo trovate qui.

Technorati Tag: ,,,

Rigassificatore Melilli: sempre più lontano

Salta per l’ennesima volta la conferenza dei servizi a Palermo, Confindustria perde la pazienza e la stampa locale fa terrorismo psicologico.

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Leggo oggi su La Sicilia, a pag.12 (economia e finanza regionale), che il progetto del rigassificatore di Melilli è a rischio.



La riunione dei sindaci dell’area interessata (il rigassificatore dovrebbe sorgere a Marina di Melilli, all’interno del polo industriale di Priolo-Augusta-Melilli), prevista per ieri, è andata deserta.
Salta anche, di conseguenza, la conferenza dei servizi prevista per domani a Palermo: non avrebbero di cosa parlare…

L’articolo su La Sicilia, offre ampio spazio al commento di Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, che vede nero sul futuro industriale dell’isola se non passa il rigassificatore:
Incombe il rischio che la Ionio Gas, titolare del progetto, lo abbandoni. Partner paritari di Ionio Gas sono Erg e Shell. Quale immagine della Sicilia porterà la Shell nel mondo? Quale messaggio agli investitori internazionali? Uno solo: la Sicilia non è affidabile per nessun investimento.
Mi sembra una posizione abbastanza chiara, c’è poco o nulla da commentare.
Più interessante, invece, citare quelli che, a detta di Lo Bello, sono i motivi che rischiano di far saltare il rigassificatore:
Questo stop al rigassificatore ha nomi e cognomi, che stanno nella classe politica provinciale e regionale. Si stanno adottando due pesi e due misure per il progetto di Porto Empedocle (dell’Enel) e per questo di Melilli (della Ionio Gas). Perchè? Il presidente Lombardo non può più rimanere in silenzio.
I nomi e congomi li sa Lo Bello, ma qualcuno lo sanno anche gli altri: tutti.

Due in particolare: il sindaco di Melilli, nonchè ex assessore regionale all’Ambiente, Pippo Sorbello (Mpa, partito del presidente Lombardo) e il deputato regionale Pippo Gianni (Udc, ex compagno di giunta regionale di Sorbello, nel ruolo di assessore all’Industria).

Provengono entrambi dalla provincia di Siracusa, si conoscono benissimo e hanno entrambi lavorato al (defunto?) Pears, il Piano energetico regionale ambientale siciliano. “Temporaneamente” in stand by a causa della mancanza dei decreti attuativi e della abbondanza dei ricorsi al Tar.

Bene, in quel piano approvato da entrambi e firmato da Gianni erano presenti entrambi i rigassificatori siciliani, quello di Porto Empedocle e quello di Priolo-Melilli.

Sorbello, durante l’ultima campagna elettorale, ha detto-ridetto-ribadito che il rigassificatore di Melilli non si sarebbe mai fatto.




Quando è stato nominato assessore, tutti erano convinti che il progetto sarebbe stato bruciato nella stufa… e invece no, si va avanti.

Pippo Gianni, invece, ha espresso un parere positivo al rigassificatore, ma condizionato al fatto che si faccia in alto mare, off-shore.

Peccato, però, che non si sia premurato anche di far inserire tale clausola nel Pears.

Eppure, da titolare dell’assessorato regionale all’Industria, aveva ben modo di farlo…

Torniamo al pezzo de La Sicilia di oggi, 25 novembre 2009: in chiusura il quotidiano riporta un ulteriore motivo di slittamento della conferenza dei servizi di domani: il deputato regionale del PD Mario Bonomo, in qualità di presidente della commissione Rischio ambientale all’Assemblea regionale siciliana, ha inviato una lettera a Lombardo nei giorni scorsi per chiedere il rinvio poichè, nota il quotidiano non senza un pizzico di sarcasmo, ha appena “scoperto” che vicino alla zona dove dovrebbe sorgere l’impianto ci sono dei siti militari.

Ci vorrebbe, quindi, il nulla osta del ministero della Difesa.

Ad essere onesto, la storia di Bonomo già la sapevano in molti, avendo visto il puntualissimo video messo su youtube da Salvo Maccarrone.



Mi associo, in ogni caso, al sarcasmo del quotidiano perchè è veramente strano che il presidente della commissione Rischi ambientali anche solo si chieda se sia necessario il nulla osta della Difesa.

Dal ruolo che ricopre, dovrebbe saperlo e non chiederlo…

In chiusura, di nuovo l’articolo. Si badi bene che la prossima citazione non è un virgolettato di Ivan Lo Bello, come i precedenti, ma farina del sacco del giornalista (Salvatore Maiorca):
Ma incombe anche un altro rischio: l’abbandono del territorio da parte dell’Erg. Il che vuol dire di buona parte della zona industriale siracusana. E dall’industria proviene oltre il 40 per cento del reddito prodotto in questa provincia, ma anche il sostegno ai consumi in tutto il territorio. Tutto questo rischia di svanire.
Allora, mi chiedo, cosa scriveva La Sicilia nel giugno 2008 quando la russa Lukoil si comprò mezza raffineria Isab, sempre di proprietà della Erg?

Fece, per caso, qualche commento? Si preoccupò del futuro del polo industriale siracusano? Si pose il dubbio sul fatto che, magari, dal punto di vista sindacale i russi sarebbero stati forse meno teneri della Erg?

No, non si fece nessuna di queste domande. Si limitò a fare poco più del copia e incolla del comunicato ufficiale della Erg, secondo il quale l’affare era, ovviamente, estremamente positivo per tutti.

Archimede, Rubbia e l’Italia

Il commissario dell’Enea, Giovanni Lelli, giura: in primavera la centrale siciliana ideata da Rubbia entrerà in funzione. Non è vero. Nel frattempo, pregi e difetti del solare termodinamico.
Archimede-Enel-solare-termodinamico
Oggi il commissario dell’Enea, Giovanni Lelli, ha visitato il famoso-famigerato impianto solare termodinamico Archimede a due passi dalla centrale Enel di Priolo Gargallo, in provincia di Siracusa.


A suo dire tale impianto dovrebbe entrare in funzione a gennaio 2010, con grossi benefici ambientali per la centrale termoelettrica alla quale è collegato.

Ma cos’è, e come funziona, l’impianto Archimede?

Si tratta di un progetto di solare termodinamico a concentrazione collegato ad una centrale termoelettrica tradizionale, per la precisione a ciclo combinato gas-vapore.

In pratica parliamo di grossi specchi parabolici con al centro un tubo. Dentro il tubo scorre sale fuso, riscaldato dal sole fino alla temperatura di 550 gradi centigradi.

Un sacco di calore, utilissimo per produrre energia: il calore prodotto dal sole, infatti, dovrebbe essere utilizzato per produrre vapore. Questo vapore, poi, verrà inserito nel ciclo combinato della centrale siracusana.

In pratica, e in poche parole, più vapore viene prodotto con il sole e meno ne viene prodotto bruciando il gas. Meno carburante sprecato, più risparmio, meno emissioni in atmosfera.

Ottimo direi…

Per i dettagli vi invito a vedere questo video che spiega il funzionamento attuale della centrale di Priolo e quello futuro con l’aggiunta del solare termodinamico



Il problema è che l’Enea non la racconta tutta…

Partiamo dal progetto, prima di tutto.

Il solare termodinamico a concentrazione è un progetto molto buono. Non per niente Rubbia, premio nobel, lo ha già esportato con successo in Spagna e molti altri paesi nel mondo si stanno attrezzando per sperimentarlo in abbinamento alle proprie centrali termoelettriche.

Già, sta proprio qui il fatto importante: in abbinamento alle proprie centrali termoelettriche…

Se avete visto il video, avrete capito cheil progetto di Rubbia nasce come integrazione, e non sostituzione, della tecnologia tradizionale: per ottenere la stessa potenza di una centrale a combustibili fossili servirebbe un’estensione di specchi enorme.

Molto di più di quando non si pensi comunemente.

Ben venga, però, l’integrazione col termoelettrico. Almeno risparmiamo soldi e inquinamento.

Il progetto, però, non sarà affatto completato a primavera, come afferma l’Enea.

A primavera, se tutto va bene, sarà pronto il primo pezzettino dell’impianto: 5 Mw su 40 previsti!

Lo so perchè mi è stato chiaramente detto da chi quella centrale la dirige e lo intuisco, se mai ce ne fosse bisogno, dal comunicato stampa che descrive la visita di oggi in centrale:
L'entrata a regime consentira' di acquisire esperienza operativa nell'utilizzo di questo tipo di impianti
Esperienza operativa nell’utilizzo di questi impianti…

Mica dicono produzione effettiva di energia, questi l’impiantino lo accendono e lo spengono per vedere se funziona.

Ma non era più economico prenotare un volo per la Spagna?

Arrogance

Dalla ridente Milazzo, una lezione di ironia sulla vita quotidiana a due passi dal petrolchimico.

arrogance-tat-raffineria-milazzo-edipower

Dagli amici dell’associazione Tutela Ambiente e Territorio di Milazzo, che convivono con due giganti del calibro della raffineria di Milazzo e della centrale termoelettrica a (petr)olio combustibile Edipower, una perla di saggia ironia.



Gustatevela per intero:

* ARROGANCE *
* (Parfum pour Spéculateurs) *
Chi usa “Arrogance” , questo pregiato parfum francese ?
Ovviamente i nostri politici, che oggi si rivelano tutti, nessuno escluso, sensibili alle problematiche ambientali.
Anziché produrre precise ed adeguate azioni di governo, si “profumano” per apparire diversi.
Lo usano anche i dirigenti della Raffineria, anzi lo fanno uscire dalle loro ciminiere, per diffonderlo in tutta la Valle del Mela, come un petit cadeau.
Cosa buona, del resto perché coltivare il gelsomino inteso anche, per chi lo disconosce, "Regina della notte" e poi estrarre l’essenza, quando “il est plus facile” usare le decine di ciminiere, che si dispongono.!
Grazie veramente grazie, peccato che sia il Ministero che l’Assessorato regionale del Turismo, non promuovano un preciso marketing territoriale per attirare turisti, ..sicuramente appena sapranno dell’evento, verranno a flotte, per godersi tali meraviglie e dimenticavo anche per ossigenarsi.
Da noi la gente si ammala di noia, un sistema troppo perfetto, efficienza, organismi istituzionali all’avanguardia, in palazzi moderni e di vetro, il funzionalismo da noi è arrivato prima che in altri posti.
Tutti ci invidiano, i prezzi delle case sono alle stelle, le dinamiche immobiliari sono forti, l’economia sociale, il benessere, tutto fin troppo evidente, pensate che non sappiamo dove mettere le barche, la zona industriale di Giammoro è stracolma, spero che all’attento Ministro Scajola, non sia sfuggita tale evidenza.
Noi effettuiamo la raccolta differenziata, curiamo il paesaggio, il verde e nel tempo libero, purtroppo ne abbiamo poco perché qui lavorano tutti, ci occupiamo di letteratura, teatro, convegni, vela, golf etc. etc.
Non viaggiamo molto, perché non ci piace abbandonare questa meraviglia.
Qui si muore solo di vecchiaia, niente malattie, gli ospedali sono ben attrezzati assomigliamo ad Hotel a 5 stelle, certificati I.S.O. ed inoltre si trovano in mezzo a parchi urbani contornati da alberi secolari e pregiati.
Sia il personale medico che paramedico sono eccessivamente cortesi e cordiali, ed a nessuno vene in mente di andare, qualora nella più recondita ipotesi dovesse necessitare, in altri posti.
I nostri cimiteri sono ben curati, non vi è un filo d’erba che turbi la intimità tra vivi e defunti.
Le nostre scuole poi sono il simbolo e l’orgoglio di tutti, per le “nostre eccellenze” rimanere quì o studiare ad Oxford o Cambridge è la même chose!
E che dire poi delle Banche?
E’ un vero piacere andare nelle nostre banche, fidi, mutui e prestiti a tutti, imprenditori e no!
Per tutto questo, dobbiamo dire grazie alle industrie che insistono nella Valle del Mela, non capisco perché il Governo non prenda esempio, di tale illuminante e meravigliosa realtà, forse a Roma non tutto funziona bene, come da noi.
Comunque noi non siamo egoisti, ci occupiamo anche dei problemi degli altri, ad esempio al forte disagio sociale che c’è a Montecarlo, sulla Costa Azzurra, Abu Dhaby etc., facciamo cospicue sottoscrizioni per tali sfortunati.!!
Per oggi ho finito (ET DE HOC SATIS) !!!

Disinformazione eolica

Si continua a criticare il sistema di incentivi all’eolico. Ma si dimentica che tale sistema non è nato per l’eolico…

eolico-incentivi-cip6.termovalorizzatori-nucleare-biomasse

Ho appena letto un articolo su un sito web in cui si fa il punto sugli incentivi alla produzione di energia da fonte eolica. Parlo dei mitici incentivi Cip6.


L’articolo vorrebbe essere una riflessione di giornalismo economico, da una parte, e una denuncia alla spropositata incentivazione all’eolico dall’altra.
Vorrebbe, insomma, darci molte informazioni per farci una corretta e completa idea su questa fonte energetica.
In realtà è la solita disinformazione.


O meglio: è la solita informazione parziale in cui si racconta molto, ma non tutto. E casualmente proprio quello che non si racconta è quello che conta.
Andiamo con ordine, il pezzo incriminato è questo:

Quando si parla di eolico e incentivi in sede di comparazione internazionale di solito ci si riferisce ai Certificati Verdi che sono di gran lunga la forma di incentivazione più utilizzata e di solito anche l’unica. Da noi invece le cose funzionano diversamente: i Certificati Verdi valgono più che altrove e ad essi si aggiungono molte altre agevolazioni che fanno dell’Italia la terra promessa per gli industriali del vento nonostante il nostro Paese non sia particolarmente vocato per la produzione di energia eolica. La corsa a chiedere autorizzazioni per impiantare pale alte un centinaio di metri è in realtà una banale corsa agli incentivi e alle agevolazioni che fa ricchi pochi a discapito della collettività.

Vediamo quali sono le sette fonti d’oro che attirano speculatori e multinazionali da ogni dove.

(1) Innazitutto i Certificati Verdi: ogni 50 MWh di energia eolica prodotta dà luogo a un certificato liberamente negoziabile sul mercato. La compravendita di certificati verdi è garantita dal Gse, il Gestore dei servizi elettrici che acquista a un prezzo predeterminato, ma più spesso i certificati vengono venduti ai produttori di energia da fonti tradizionali che per legge devono produrre una determinata quota di energia anche da fonti rinnovabili o, in alternativa, acquistare i certificati verdi. Il prezzo dei certificati era libero di fluttuare; con l’ultima Finanziaria (2008) il governo ha posto un tetto di 112,88 euro/MWh, ma ha anche prolungato da 12 a 15 anni la durata dell’incentivo. (2) Su richiesta dei produttori, inoltre, il Gse (che è un ente pubblico) può anticipare il pagamento dei certificati verdi a fronte delle stime produttive per l’anno successivo, con conguaglio a fine periodo basato sui dati reali di produzione. Così capita che le stime vengano gonfiate anche del 30% (dati ufficiali Gse relativi al 2006) per ottenere pronta cassa dall’Ente soldi da impiegare o investire come più aggrada ai titolari degli impianti. Soldi pubblici che vengono dalle nostre bollette (componente Cip6) e che, in caso di fallimento di un produttore, sono difficilmente recuperabili. Inoltre, il limite di 15 anni all’incentivo è aggirabile grazie a una legge dalle maniche larghe: (3) basta una ristrutturazione – peraltro necessaria per le parti soggette a usura – per far risultare come “nuovo” l’impianto e far ripartire da zero il contatore degli anni (15+15!).

Potrebbe bastare, ma non basta: quello dei soldi pubblici all’eolico in Italia è un vero e proprio fiume in piena. Così ai Certificati Verdi si aggiunge il (4) “dispacciamento prioritario”: in pratica il GSE è obbligato ad acquistare “sempre e subito” tutta l’elettricità prodotta da eolico, a prescindere dall’effettivo fabbisogno del sistema e dalla possibilità di acquisto di energia a prezzo inferiore – situazione tipicamente riscontrabile di notte con l’energia da nucleare. Meccanismo che obbliga il GSE a retribuire l’impresa eolica per l’energia prodotta, anche quando per ragioni tecniche non è stata immessa in rete. Per i titolari di impianti eolici ciò si traduce in una garanzia sul venduto sino all’ultimo KW prodotto, consentendo di lavorare in un mercato privo di concorrenza; invece per il Gestore di rete ciò rappresenta costi aggiuntivi, scaricati sull’utenza.

Basta così? Nooo. (5) Bisogna considerare che i MWh immessi in rete vengono retribuiti dal Gse a un prezzo prefissato definito di anno in anno (circa 68 €/MWh nel 2007) e che (6) le infrastrutture necessarie al collegamento di un impianto eolico alla rete di distribuzione sono a carico del gestore della rete, cioè Terna, e non del produttore. Ma, direte voi, gli investimenti per realizzare un parco eolico sono consistenti, siamo nell’ordine delle decine di milioni di euro, e di quelli si faranno ben carico gli imprenditori dell’eolico. In effetti sarebbe così se non ci fossero (7) i finanziamenti a fondo perduto e/o a tasso agevolato previsti dalla legge 488/92. ll ministero delle Attività Produttive stila annualmente delle graduatorie ed elargisce i finanziamenti che teoricamente sarebbero finalizzati a stimolare lo sviluppo locale. Negli ultimi anni sono stati concesse diverse centinaia di milioni all’eolico (470 milioni nel solo 2006). Per la parte non a fondo perduto la legge prevedeva un tasso dello 0,5%; ora l’interesse è cresciuto, ma è di gran lunga inferiore ai tassi di mercato. Questi finanziamenti statali riducono notevolmente gli oneri dell’investimento iniziale e abbattono (talvolta dimezzano) i tempi di ammortamento dell’impianto. E dove non arriva lo Stato, arrivano le Regioni, specie al Centro-Nord: nel caso dell’impianto eolico previsto a Monterotondo Marittimo la Regione Toscana ha elargito oltre 3 milioni di contributo a fondo perduto. La sommatoria di tutti questi incentivi e agevolazioni rende conveniente impiantare pale eoliche a prescindere dalla loro effettiva produttività e la conclusione potete tirarla da soli.

Sennuccio del Bene

Comitato GEO – Ambiente e Territorio – Monterotondo Marittimo

Fonte: http://www.cronache.org/?p=1082&cpage=1#comment-61 corsivo e grassetti sono miei, li ho messi per miglior lettura.

Questo articolo, in pratica, descrive buona parte del meccanismo degli incentivi Cip6.

Incentivi nati nel ‘92 per favorire lo sviluppo delle fonti rinnovabili e, nel corso degli anni, dirottato su altre fonti, che di rinnovabili nulla hanno.

Il cuore dei Cip6 sono le definizioni: “rinnovabili” da una parte, “assimilate alle rinnovabili” dall’altra.
Per “assimilate” si intende una corposa categoria di fonti energetiche che rinnovabili non sono ma che come tali vengono considerate.

Un esempio è l’impianto Isab Energy di Priolo che produce elettricità bruciando gas sintetico derivante da complessi processi chimici che ripuliscono il “tar”, cioè uno dei peggiori scarti del petrolio.

Si prende il tar, lo si mette in un gassificatore, si fanno precipitare i metalli pesanti (che vengono impastati in una sorta di “cake” e venduti in Germania), si toglie lo zolfo (con cui si fanno mille altri prodotti, dal fiammifero ai prodotti fitosanitari) e quel che resta è proprio il Syngas, il gas sintetico, che viene poi asciugato dall’acqua e bruciato in una normalissima centrale termoelettrica a ciclo combinato gas-vapore.

Il titolare della Isab Energy (Erg) ci guadagna abbondantemente: (1) si toglie un rifiuto pericoloso dai piedi, prodotto di scarto della propria raffineria situata a due passi, il cui smaltimento sarebbe costosissimo, (2) si vende i metalli pesanti e gli altri sottoprodotti del tar, (3) risparmia l’acquisto del gas per fare andare una centrale termoelettrica da 750 MW, (4) guadagna dalla vendita dell’energia elettrica prodotta e, infine (5) dal 2000 al 2008 ha ottenuto otto anni di incentivi Cip6.

Bene, quando parliamo di Cip6, io credo che sia molto più corretto dare queste informazioni e non solo quelle sull’eolico.

Attenzione, chiariamo, l’Isab Energy è un gioiellino di tecnologia, nel mondo ce ne sono pochissimi, e dal punto di vista ambientale ha anche il suo senso perchè trasforma un rifiuto pericolosissimo per la salute in una risorsa.

Persino Legambiente ha dato il suo placet all’impianto e, anzi, ne vorrebbe altri in giro per la Sicilia e l’Italia. Prima di tutto a Gela, dove se la passano malissimo con la raffineria.



Ma, a detta della stessa Legambiente, questo tipo di impianti non ha alcun bisogno dei Cip6: è già molto redditizio di suo, perchè non usare quei fondi per altri scopi e per altre fonti?

Risposta: perchè poi li usi per le rinnovabili vere e ti spuntano articoli di critica come quelli di cui sopra…

E, allora, andiamoli a contare sti Cip6. Andiamo a vedere come vengono spesi, per quali fonti, se per le rinnovabili o per le assimilate.

Vi faccio vedere i dati, si trovano sul sito dell’Autorità per l’energia e mi sono limitato a fare una stampa della schermata:

I numeri parlano da soli: nel 2007 su 46.462 GWh (un GW equivale a 1.000 MW) incentivati con i fondi Cip6 solo 8.194 sono di vere rinnovabili (come l’eolico) e ben 38.268 sono di assimilate (scarti del petrolio, termovalorizzatori…).

Ora, non mi venite a dire che con questi numeri ci sia tutta questa urgenza di fare una guerra contro l’eolico perchè, sinceramente, vi rido in faccia.

La cosa, però, che mi fa più arrabbiare, è che a fare ste battaglie siano giornalisti ed esperti del settore che i dati a disposizione ce li hanno. D’altronde sono pubblici, li mettono su internet.

Non credo, perchè non voglio e non posso farlo, che chi scrive di eolico e Cip6 quella tabella non la conosca. Al contrario: la conosce benissimo, ma ha qualche interesse a non citarla.

Chiusura drammatica: la situazione riportata nella tabella è tanto radicata nel sistema energetico italiano (guardate i dati: iniziano dal 2001 ma potremmo scendere con gli stessi risultati fino al 1993) che persino chi di mestiere fa riciclo e riutilizzo del legno preferisce mandare ciò che raccoglie al termovalorizzatore.



Volete sapere perchè?

Per i Cip6, ovviamente…


Rivoluzione Ronchi

Sì definitivo della Camera al Decreto Ronchi che liberalizza i servizi pubblici locali. Tutti in difesa dell’acqua, ma c’è molto di più…

acqua-decreto-ronchi-liberalizzazione-privatizzazione 

302 sì, 263 no, nessun astenuto, la Camera approva.

Il Disegno di legge: S. 1784. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee", già approvato dal Senato il quattro novembre scorso, ha ricevuto oggi l’ok definitivo della Camera.


E’ legge, amen.

Di questo disegno di legge, e del decreto legge che converte, se ne è parlato molto soprattutto per un motivo: è il primo passo verso la liberalizzazione della gestione dell’acqua nei comuni italiani.

Il terrore di ecologisti e associazioni di consumatori è che, ora, l’acqua diventi un bene di mercato e, come tale, vada solo dove ci sono i soldi.

Quindi bollette alle stelle e servizio ridotto al minimo dove non è economicamente vantaggioso.

Adusbef, Federconsumatori e Movimento consumatori promettono già battaglia e pensano al referendum.

Scommetto che non ci si arriverà perchè, molto prima di raccogliere le firme, ci sarà qualche ricorso al Tar con richiesta di sospensiva, magari per dettagli minori della legge.

Il Governo, da parte sua, ovviamente difende la legge.

Innanzitutto, dicono, si tratta di un adeguamento ai voleri della Corte di Giustizia europea. Poi, aggiungono, non si tratta di privatizzare l’acqua ma di liberalizzarne la gestione.

L’antitrust, infine, applaude.

E’ assolutamente inutile stare a spaccare il capello: la risorsa acqua non ha i piedi, quindi se una ipotetica società di gestione decide di fare i capricci con gli allacciamenti o con le forniture rischiamo di fare la fine della particella di sodio nella pubblicità…

E’ già successo in alcune grandi città italiane, Roma prima di tutte, e con aziende ancora formalmente in mano al pubblico.

Ma la cosa che a me interessa di più non è l’acqua. O, meglio, non solo.

Perchè sto benedetto decreto Ronchi non ha a che fare solo con l’acqua ma con tutti, o quasi, i servizi pubblici erogati dai comuni.

Copia e incolla dal sito della Camera, giusto per non fare errori:

In sintesi, la nuova disciplina introdotta dall’articolo 15 del decreto legge 135/2009, il cui disegno di legge di conversione è stato approvato in via definitiva e non ancora pubblicato:

  1. esclude dalla disciplina di carattere generale sui servizi pubblici locali la distribuzione di energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale e la gestione delle farmacie comunali (il settore del gas era già stato escluso dalla legge 99/2009, art. 30, comma 26);
  2. aggiunge, alla previsione del conferimento in favore di imprenditori e società in qualunque forma costituiti, l’ulteriore possibilità di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a società a capitale misto pubblico-privato, purché il socio privato venga selezionato attraverso gare cosiddette “a doppio oggetto” (sulla persona e sull’attività), con l’ulteriore condizione che il socio partecipi con non meno del 40 per cento;
  3. introduce un silenzio assenso (che scatta decorsi sessanta giorni) sul parere che l’Antitrust già oggi è chiamata a dare sulle ipotesi “straordinarie” di affidamento in house (vale a dire senza gara);
  4. detta direttamente il regime transitorio degli affidamenti non conformi, sopprimendo la previgente previsione che lo affidava ad un emanando regolamento governativo. La disciplina transitoria prevede tre diverse scadenze per gli affidamenti “difformi” (gli affidamenti in house cessano il 31 dicembre 2011 ovvero alla scadenza del contratto se, a quella data, gli enti affidanti cedono ai privati il 40% della proprietà; gli affidamenti a società quotate cessano alla scadenza del contratto se la quota pubblica scende, anche  progressivamente, sotto il 40% entro il 30 giugno 2013 e sotto il 30% entro il 31 dicembre 2015, altrimenti cessano il 30 giugno 2013 o il 31 dicembre 2015; in tutti gli altri casi la scadenza è al 31 dicembre 2010) mentre conserva le scadenze naturali per gli affidamenti già conformi;
  5. stabilisce i principi dell’autonomia gestionale del soggetto gestore e della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche.

Con questo decreto, in pratica, la vostra amministrazione comunale è autorizzata a smantellare buona parte degli uffici tecnici e affidare di tutto e di più ai privati.

Potrebbe essere una cosa buona, come cattiva: dipende dai comuni e dipende dai privati.

Facciamo qualche esempio a caso: domani potreste trovarvi una nuova ditta che effettua la pulizia e la potatura dei giardinetti pubblici, magari con incarico di manutenzione sulle giostrine a molla per i bambini.

Mettiamo che la manutenzione sulle giostrine sia fatta male e vostro figlio cade, si fa male, si ferisce seriamente, resta addirittura in sedia a rotelle o ci crepa.

Dolore, strazio, incazzatura e, soprattutto, tribunale.

Ci vediamo in tribunale. Voi, e il vostro avvocato, contro una Srl con ufficio legale e capitale sociale da cento mila euro scarsi…

Bando ai drammi, andiamo nel quotidiano: la munnizza.

L’igiene urbana è tra i servizi che si possono affidare ai privati.

Si dirà: “lo era già prima”.

Vero, ma solo in parte: raccolta ai privati, discariche e impianti vari (per chi ha la fortuna di avere il ciclo differenziato) affidato ai privati ma sotto gestione degli Ato, quindi del pubblico.

Ora no. Ogni comune fa come gli pare, da una parte, e tutti siamo autorizzati ad aprire una discarica o un impianto di compostaggio dall’altra: se liberalizzazione deve essere, deve essere anche concorrenza!

Preciso, questo nel decreto non c’è, ma la legge dovrà essere per forza interpretata così altrimenti la Corte europea si arrabbia di nuovo…

Quindi, se avete qualche milione di euro da parte, ora sapete dove spenderlo.

Non ce lo avete?

No problem, altri ce l’hanno. Chi? Ma le mitiche multiutility del nord Italia, ovviamente…

Già, le multiutility, che percorso, che passi da gigante in pochissimi anni!

Sono pronto a scommettere un sacco di immondizia (e non avete idea di quanto varrà a breve un sacco di immondizia) che il ciclo dei rifiuti del sud Italia si troverà presto “liberamente gestito” dalle aziende del nord.

Non per niente la Lega Nord ha già chiesto una modifica in favore dei “comuni virtuosi”, cioè quelli del nord: per questi comuni la Lega chiede la possibilità di fare uno strappo alla legge e continuare con l’affidamento diretto dei servizi, invece che con la gara pubblica.

Certo, mica scemi i leghisti, le gare, se si devono fare, visti i soldi in gioco devono essere europee e, quindi, devono poter partecipare anche le aziende estere.

Se al sud si teme l’invasione dei lumbàrd, al nord si teme quella dei forestieri…

Nessun razzismo, ma vale sempre la storia del tribunale: se questi fanno i furbi, con chi ci incazziamo?

Soppressata eolica

In un periodo di bufera per l’energia eolica, il Comune di Ricigliano ha deciso di farsi la centrale eolica comunale
soppressata-ricigliano-eolico
Conoscete il Comune di Ricigliano?
No? Non vi preoccupate, l’ho appena scoperto anche io…

Questo piccolo centro del salernitano da neanche 1400 anime, noto ai gastronauti per la soppressata, ha deciso di farsi la propria piccola centrale eolica.

Il mese scorso, infatti, dagli uffici comunali è partito un bando di gara da 6.610.000 euro per la costruzione di un parco da 6 MW in località Difesa Ripa Rossa. Il bando chiede esplicitamente pale eoliche di dimensione medio-grande, quindi poche ma buone: dovrebbero essere dalle tre alle sei.

In un’epoca in cui i big dell’eolico vengono arrestati (a proposito, Vigorito è stato messo ai domiciliari), i sindaci opinionisti vanno in tv a parlare di pale mafiose e la gente comune non ha idea di che pesci prendere per pagare la bolletta della luce a fine mese, questo micro comune a due passi dalla Basilicata sceglie l’eolico.
Coraggioso.

Si dirà: “chi lo sa se quel bando è tutto in regola, se già non si sa chi lo deve vincere, se questo e se quello…”.

Chiacchere da bar, come tante in momenti duri come questi.

Chiunque sia ad aggiudicarsi la gara (al ribasso), poco importa: è anche ora che gli italiani capiscano la differenza tra la parola “guadagno” e quella “interesse”.

Chi fa il parco ci guadagna, chi lo gestisce e si prende i certificati verdi dallo Stato pure, ma l’interesse è cosa ben diversa: io abito a centinaia di Km di distanza da quel posticino in Campania ma il fatto che in quel posto stiano per costruire una centrale eolica è lo stesso nel mio interesse.

Anche se non ci guadagno un centesimo.

L’interesse è un’altra cosa, è la prospettiva di un beneficio, di un vantaggio. Anche se indiretto.

E non mi venite a dire che avere energia elettrica in abbondanza senza bruciare un goccio di petrolio o un soffio di gas non è nel mio interesse. Lo è e come, lo è anche nel vostro.

Miei cari riciglianesi, fatelo sto parco eolico. Fatelo e allacciatelo subito alla rete elettrica, fatelo lavorare e produrre. Fatelo anche per il mio interesse.

E guadagnateci pure…

Termovalorizzatori: la posizione Ecodem Sicilia

Intervista al presidente regionale degli Ecologisti Democratici sulla questione rifiuti e termovalorizzatori in Sicilia. Buona visione…



Inquinamento nel siracusano: i dati del Cipa e quelli dell’Oms

Quanto è inquinato il triangolo industriale siracusano? Non si sa: è guerra di cifre…

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Alcuni giorni fa, a Siracusa nei locali di Confindustria, sono stati presentati i dati sull’inquinamento in provincia raccolti dal Cipa, il Consorzio Industriale Protezione Ambiente.




E’ un tema molto spinoso perchè le rilevazioni degli inquinanti stanno alla base di qualunque ragionamento sull’ambiente e la qualità della vita, specialmente in una zona come quella di Siracusa che ingloba il triangolo Augusta-Priolo-Melilli.

Il Cipa, essendo un consorzio di industriali, ovviamente ha degli interessi specifici. E’ impossibile negarlo, sarebbe da idioti.

Ma almeno qualche dato lo raccoglie.

E da questi dati, quelli del Cipa, emerge un quadro tutto sommato roseo: l’inquinamento c’è, ma sta diminuendo grazie agli sforzi degli industriali che adottano processi produttivi più ecocompatibili.

E in alcuni casi specifici, se ad esempio parliamo dell’aumento dei tumori, il Cipa conferma, ma sminuisce: i tumori aumentano anche dalle altre parti.

Per capire la posizione del Cipa guardate questo video




Quello che parla è il presidente del Cipa, il più alto in grado.

Il giornalista, nell’intervista, prova a fare un paio di domande “antipatiche” ma senza grosso successo, viste le risposte. Voglio credere, perchè non ho motivo di dubitarlo, che la scarsa profondità dell’intervista sia dovuta ad una conoscenza non approfondita del tema trattato.

Magari sarà bravissimo con i pezzi di cronaca, non si può pretendere che tutti sappiano a memoria la lista delle sostanze tossiche o inquinanti.

Il servizio, poi, contiene anche un’intervista ad un deputato d’opposizione. Quindi, non ostante si chiuda con il “va tutto bene” del presidente di Confindustria" possiamo definirlo, tutto sommato, un servizio quasi equilibrato.

Onestamente, in un tg ad ora di pranzo, non si può mandare molto di più…

Se però avete tempo e voglia di approfondire, per fortuna che c’è internet.
Benvenuti.

Le domande che il giornalista non ha fatto al presidente del Cipa, le ha fatte un altro giornale di Siracusa: “Il Ponte”.

Giornalista, per l’occasione, la dottoressa Mara Nicotra, biologa marina che ha studiato a lungo le concentrazioni di metalli pesanti e altri inquinanti sul fondo della rada di Augusta.

Qualche tempo fa, a mia volta, l’ho intervistata




       

Bene, questa donna ha fatto altre domande al presidente del Cipa, basandosi su altri dati in suo possesso. Quelli dell’Oms, l’Organizzaizione mondiale della sanità.


Bene, vi ho dato entrambe le campane. Quale preferite?



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Ci siamo comprati Kyoto

Dalla Ue la conferma: l’Italia rientrerà nei parametri di Kyoto. Pagando.

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La notizia circolava già da mesi, ma ora c’è la conferma ufficiale: l’Italia riuscirà a rispettare i limiti alle emissioni di CO2 imposti dal protocollo di Kyoto.

Ma non è esattamente una buona notizia…

Il Commissario europeo per l’Ambiente, Stavros Dimas, ha spiegato ai giornalisti che non solo l’Italia, ma l’Europa intera riuscirà a far fronte agli impegni.

Tutti si chiederanno come sia possibile, visto che nulla o quasi è stato fatto per ridurre le emissioni climalteranti e, anzi, per mesi e mesi non si è fatto altro che rimarcare i ritardi del vecchio continente.

La risposta è semplice: pagando tutto è possibile.

Il meccanismo è sempre quello dell’Ets, l’emission trading system, che ha recentemente costretto l’Europa a voli pindarici.

Nel dettaglio, e parlando in particolare dell’Italia, Dimas ha spiegato che il nostro paese rientrerà negli obblighi di Kyoto grazie a “una combinazione di politiche e di misure già adottate, oltre ad interventi addizionali”.

Interventi addizionali? Certo, altrimenti col cavolo che ce la facevamo…

Con questo sostantivo e questo aggettivo Dimas intende proprio l’acquisto dei crediti sul mercato Ets. A venderceli sono stati, e saranno anche per i prossimi anni, sia gli amici europei sia altri paesi che, al contrario di noi, hanno deciso di guadagnarci con la CO2 invece di perderci.

Un sacco di soli: più di mezzo miliardo di euro.

Andiamo al sodo, e siamo onesti: non è che gli altri paesi industrializzati europei (e non) stiano messi molto meglio di noi. Siamo tutti sulla stessa barca, è il sistema che non va bene.

Fino a quando resterà in piedi la scappatoia economica dell’acquisto dei crediti di CO2 nulla potrà cambiare.

Specialmente per un paese come l’Italia che è un professionista dell’aumento del debito pubblico.

Il nostro paese, ad esempio, negli ultimi anni non ha combinato quasi nulla di buono per riconvertire gli impianti più inquinanti.

E, presto, potrebbe andare anche peggio: dall’America, infatti, arriva una notiziona che farà felici gli amanti del carbone.

Si tratta dell’inaugurazione dell’impianto di cattura e stoccaggio della CO2 della centrale a carbone di Mountaineer, capace di “sequestrare” cinque tonnellate e mezzo di anidride carbonica l’ora, evitando di mandarla al camino.

L’anidride carbonica viene liquefatta e pompata nel sottosuolo, ad una profondità di oltre due km. In realtà, però, solo 1,5% della CO2 prodotta viene pompata nel sottosuolo, cioè quella prodotta da una frazione della potenza totale della centrale.

In pratica: la centrale produce 1.300 MW/h di energia elettrica e la quota con la CO2 sequestrata è pari a 20 MW/h. Siamo ancora in piena sperimentazione…

Ma anche se fosse il 100%, siamo sicuri che continuare a produrre a carbone per poi pompare sotto terra l’anidride carbonica sia una buona idea? A parte il vecchio detto della polvere sotto il tappeto, resta ancora da capire se e come si comporterà in futuro questo liquido iniettato in profondità.

A sentire quelli della centrale va tutto bene: il liquido pompato sotto terra è pulitissimo perchè composto solo da vapore acqueo e anidride carbonica. Hanno inventato l’acqua frizzante!

Scherzi a parte, d’ora in poi quando stappate una bottiglia di Ferrarelle ricordatevi della centrale termoelettrica di Mountaineer e sperate che non vi salgano le bolle sotto i piedi.

A proposito di Ferrarelle: capita anche a voi, quando la bottiglia cade per terra o prende una brutta botta, che salta il tappo e comincia a schizzare da tutte le parti?

Ve lo immaginate un terremoto dalle parti di Mountaineer? Che figata, sai che geyser!

Eolico: quello che Sgarbi non dice

Il sindaco di Salemi chiama Striscia e racconta a milioni di italiani la truffa dell’eolico in Sicilia. Ma dimentica di raccontare i suoi affari, che con l’eolico fanno a cazzotti.

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Dopo l’operazione della Guardia di Finanza che ha portato in carcere il re italiano dell’eolico, è scoppiato il finimondo.


E c’era da aspettarselo. Tutti a dare contro le pale, tutti a parlare di mafia e devastazione del territorio.
Tutti, ma soprattutto uno: Vittorio Sgarbi.

Sgarbi, infatti, il giorno stesso dell’operazione Via col vento era in tv, su Striscia.

Di solito su Striscia Sgarbi ci finisce nella rubrica “i nuovi mostri”, ma stavolta la cosa è più seria.

Il sindaco di Salemi, infatti, ha portato quelli di Striscia a dare uno sguardo alle tante pale presenti sul territorio della provincia di Agrigento. E ha iniziato a sparare un po’ di sentenze.

Le riassumo:



  1. le pale sono tutte ferme





  2. le pale sono ferme perchè sono della mafia che, notoriamente, non è molto ecologista





  3. l’Unione Europea regala un milione e mezzo di euro per ogni pala, per questo tutte le vogliono fare





  4. le pale devastano il territorio


Le pale sono tutte ferme? No, non tutte. Ma molte, anzi troppe, sì.

Per quale motivo sono ferme? Perchè le gestiscono i mafiosi? No, la mafia non c’entra nulla anche se in alcuni casi le pale le hanno istallate veramente i mafiosi.

Molte pale sono ferme perchè la rete elettrica siciliana (ma non solo) fa abbastanza schifo: è vecchia, obsoleta, mancano le linee ad alta tensione. Il discorso è lo stesso di quello già fatto per la Sardegna.

Le pale sono tutte della mafia? Alcune, come dicevo, lo sono: operazione Eolo, metà febbraio 2009, la DDA scopre un intreccio mafia-politica che ruota intorno all’affare eolico proprio in Sicilia, specialmente nel trapanese, a due passi dal comune di Sgarbi.

I politici ci mettono le autorizzazioni, i mafiosi le opere civili: lo scavo, il dado di cemento, le stradine di collegamento. Non ci mettono le pale vere e proprie, perchè quella è tecnologia che si fa fuori dall’Italia.
In questo giro, gli imprenditori sarebbero legati alla mafia o, quanto meno, lavorerebbero con i clan. Tutto questo sempre secondo la DDA.


L’Ue regala un milione e mezzo di euro a pala. Vero, ma mica sempre…

In questo caso l’affaire Vigorito è esemplare: il presidente dell’Anev è accusato proprio di truffa per l’ottenimento dei fondi della legge 488, che sono fondi girati dall’Europa per le aree poco sviluppate dell’Unione.

I fondi della 488 te li danno anche per comprare i computer, per farti la flotta dei camion nuova, per fare una nuova sede all’azienda.

Solo che non ho mai sentito dire che chi compra i Pc con i fondi europei è mafioso o è un truffatore. Eppure di truffe sulla 488 ne hanno fatte milioni e milioni…

Sono leggi dello Stato e dell’Ue, se poi c’è truffa, questa può essere in ogni settore.

La differenza sta nel fatto che ogni pala eolica costa da uno a tre milioni di euro, istallata e allacciata alla rete, quindi nel settore i soldi devono girare per forza e quando qualcuno fa il furbo fa molto più rumore.

Le pale devastano il territorio? Questa è proprio una fesseria: le pale si piazzano sempre in posti ventosi, soprattutto crinali montuosi.

Zone scoscese, isolate dai centri abitati e con poca vegetazione intorno.
In questo modo si ottengono due risultati: il vento ha poche interferenze e le pale si vedono da lontano, sempre che non ci sia nebbia.

Come le metti, così le levi…

Mica parliamo di raffinerie o centrali termoelettriche. Quelle sì che devastano il territorio: aria, falda acquifera, terreni agricoli… va tutto a rotoli.

Con le pale eoliche no.

Ma allora come mai Sgarbi ce l’ha tanto con le pale?

Partiamo da due dati.

Il primo è che, nella sua stessa giunta, ha un assessore che la pensa in maniera opposta. Si tratta di Graziano Cecchini, quello arrestato per aver riempito Piazza di Spagna di palline.




Bene, questo signore è assessore al Nulla del comune di Salemi, quello dove Sgarbi è sindaco.

Più volte Cecchini si è detto contrario alla battaglia antieolica del suo sindaco e ne ha proposta una delle sue: abbattiamo la Tour Eiffel e dipingiamo le pale eoliche come se fossero delle grandi margherite.



Immaginatevi a chi dovrebbe essere affidato l’incarico di pitturare le pale…

Ad un artista, e chi se no? Meglio ancora se è quello che ha avuto l’idea!


Quindi, a Salemi, c’è qualcuno i cui interessi economici sono (o almeno vorrebbero essere) collegati alle pale eoliche. E non parlo solo di Cecchini.

Secondo dato, molto importante: Sgarbi è anche una linea aerea.

Esatto, una linea aerea. Per la precisione piccoli aerei da turismo per ricchi.

Con 1.500 euro vi fa fare un bel giro: si parte, casualmente, da Salemi e si arriva a Ragusa. Nel prezzo è incluso anche il pernottamento nel residence dei suoi soci ragusani, dove c’è l’aviosuperficie di atterraggio.
Si parte, si dorme e si torna. Per millecinquecento euro.

I posti sono molto belli, ve li consiglio io che nel ragusano ci vivo.

Ancora una volta casualmente Vittorio Sgarbi ha di recente intrapreso una nuova battaglia antirinnovabili. Questa volta contro il parco fotovoltaico ad inseguimento solare di Ragusa, contrada Mendolilli.

Si tratta di un parco realizzato da una azienda ragusana per conto di investitori tedeschi. Quattro megawatt totali, due a terra e due sugli inseguitori.

Per capirci, è molto simile a quello che vedete qui sotto, ma più grande.



Sgarbi ha definito quel parco “il cimitero fotovoltaico di Mendolilli”.

Vi chiederete: perchè Sgarbi se la prende pure con il fotovoltaico?

Risposta: perchè quel parco fotovoltaico sta nella collina di fronte l’aviosuperficie del suo socio ragusano.

Ora vi voglio fare una domanda: se vi chiedessero 1.500 euro per salire su un aereoplanino a Salemi, schivare le pale eoliche (per non avere problemi), schivare il petrolchimico di Gela (perchè è area interdetta al volo) e poi atterrare a due passi da un parco fotovoltaico che sbrilluccica maledettamente sotto l’impietoso sole siciliano, voi lo fareste?

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