Petrolio: un futuro non convenzionale.

Si è chiuso il Workshop Safe dal titolo:  “Convivere con gli idrocarburi. Come e per quanto? Quale ruolo per il gas naturale?”. Per il centro studi le fonti migliori per il futuro sono petrolio e gas. Ma non come li conosciamo oggi...

Vi starete chiedendo che cosa sia il Safe.


La sigla sta per "sostenibilità ambientale fonti energetiche" e sembra molto rassicurante.


In realtà il centro studi è un think tank legato a doppio filo ai ministeri (Affari esteri, Ambiente e Sviluppo economico) e all'industria dell'energia (Assoelettrica, Assomineraria, Assosolare, Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati e Unione Petrolifera).


Ogni anno il Safe organizza un master rinomatissimo nel settore e un workshop a cui partecia tutta l'"energia bene" d'Italia.


I risultati dei lavori di quest'anno non sono ancora disponibili, ma è stato rilasciato un ottimo comunicato stampa che sintetizza perfettamente la posizione del centro studi.


Una posizione, per così dire, molto realista e istituzionale e, di conseguenza, molto poco coraggiosa.



A livello mondiale la domanda energetica sarà largamente soddisfatta dalle fonti fossili (80% al 2030)”. Così recita il comunicato.Altri vent'anni di petrolio e gas, quindi. Ma non il petrolio e il gas che conosciamo oggi.Il Safe, infatti, spinge molto sul "petrolio non convenzionale" e sul Gnl.
Con il primo termine si intende tutta una serie di derivati del petrolio (gli scarti, come il tar o il pet coke) e tutto l'insieme delle materie prime da cui si può estrarre il petrolio, prima tra tutte le sabbie bituminose.


Come dice un famoso detto, assai popolare in tema di energia negli ultimi anni: stiamo spremendo il barile. Nel vero senso della parola.


Il problema è che, come ho già scritto in un altro post, fare petrolio da un pozzo e farlo dalla sabbia non è la stessa cosa: parte dell'energia prodotta da questo petrolio non convenzionale (oggi parecchia, in futuro la tecnologia dovrebbe aiutare a ridurne la percentuale) viene sprecata per il processo stesso di produzione.




Nel caso del riutilizzo dei rifiuti (che tecnicamente non è la stessa cosa del petrolio non convenzionale, ma io li metto insieme perchè alla fine il principio è lo stesso, solo che a valle e non a monte) oggi ci sono tecnologie già abbastanza mature come la gassificazione del tar (che in pratica è quasi bitume).


La utilizza l'impianto Isab energy a Priolo (Sr) e spendendo circa 70 Mw di energia nel processo di trasformazione riesce a produrre quasi dieci volte tanta energia.
Economicamente regge. Ambientalmente, dice l'azienda, pure perchè il gas ottenuto dal processo (e poi bruciato in una comune centrale elettrica a ciclo combinato) proviene da un rifiuto.


Quindi si evita di inquinare con il rifiuto e si ottiene energia in maniera relativamente pulita con il gas.


Per il pet coke, invece, la situazione è molto più complicata.
Letteralmente "carbone da petrolio", già il nome non è rassicurante per gli ecologisti. Dove lo usano (un posto su tutti: Gela) la popolazione è sul piede di guerra.


Il problema, in questo caso, è che non si è capito se si tratta di un rifiuto (tecnicamente lo è, è uno scarto della lavorazione in raffineria) o un combustibile (e considerando il concetto di termovalorizzazione dei rifiuti potrebbe essere anche questo).


L'Europa lo definisce rifiuto, l'Italia combustibile.
Si capisce bene che non è facile immaginare un futuro radioso per questo "combustibile non convenzionale".


Le altre fonti non convenzionali di petrolio, come le sabbie bituminose e gli scisti petroliferi, hanno il problema che devono essere pesantemente lavorati in zona di estrazione, prima di poter essere movimentati.


E' ipotizzabile, per questo, che in buona parte rimangano fuori dal mercato internazionale: se costa già tanto fare il petrolio con questi mezzi, figuratevi quanto si spende a comprarselo dopo un viaggio di 5.000 Km in petroliera...


Ma il mercato dell'energia è strano, quindi tutto può diventare possibile.


Per il gas, poi, il Safe vede rosa sin da subito. Specialmente nella sua versione liquefatta (Gnl).


Il problema in questo caso, avverte il centro studi, è che ci sono troppi impianti di rigassificazione (57) e pochi di liquefazione (22) in giro per il mondo.


In Italia, e in Sicilia specialmente, ci stiamo saggiamente riempiendo dei primi senza aspettare i secondi.
La storia darà ragione a qualcuno e torto a qualcun altro. E non so se sperare di avere ragione...


Nel frattempo vi lascio qualche link:


Il blog dell'Aspo (spulciate l'archivio articoli)


Il futuro dell'energia in Sicilia (e non solo)

0 commenti:

Posta un commento

CC - alcuni diritti riservati

Creative Commons License
Cip6 by Cip6 is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 2.5 Italia License.
Based on a work at cip6.blogspot.com.
Permissions beyond the scope of this license may be available at http://cip6.blogspot.com.

Cip6 non è una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità prestabilita.
Non puo' per questo considerarsi un "prodotto editoriale" ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

Tutti i diritti sui video caricati o linkati sono dell'autore dei video stessi
Per la realizzazione di questo blog vengono utilizzati anche materiali multimediali reperiti su Internet. Qualora alcuni di questi materiali fossero protetti da diritti d'autore il legittimo proprietario di tali diritti può mettersi in contatto con l'autore che provvederà a rimuoverli.

On line dal 3 novembre 2009
Prime 1000 visite il 26 novembre 2009