Sono veramente molti gli spunti e i passaggi che fanno riflettere nell'inchiesta "Il mare nero" andata in onda ieri sera all'interno di Report su Rai tre (se ve la siete persa, potete rivederla a questo indirizzo): dalla superficialità delle istituzioni preposte a concedere o negare le autorizzazioni a ricercare petrolio in mare all'ipotesi, agghiacciante, che a causare i sempre più frequenti spiaggiamenti di cetacei sulle coste di mezzo mondo sia la sismica tridimensionale necessaria a scovare petrolio e gas sotto il fondo del mare.
Una questione, però, è forse più importante delle altre: la persistenza dei danni in caso di disastro petrolifero. Partendo dal disastro della petroliera Haven, affondata al largo di Savona nel 1991 con circa 140.000 tonnellate di petrolio nella stiva, Report ha mostrato che dopo vent'anni i pescatori ancora trovano petrolio sul fondale. E anche parecchio.
E tutti lo sanno: i pescatori stessi, ovviamente, la politica e le autorità, in secondo luogo anche se fanno finta di niente. E, allora, viene da chiedersi: a parte i danni che il petrolio off shore può sempre causare (e la storia lo dimostra, dalla Exxon Valdez alla Deepwater Horizon) chi ci garantisce che qualcuno si prenda cura di rimediare al disastro?
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Questo post l'ho scritto per Ecoblog