La Vega Alfa è la piattaforma petrolifera più grande e produttiva del Mediterraneo. Si trova a 12 miglia dalle coste di Pozzallo, in provincia di Ragusa, e recentemente ha passato qualche guaio: una prima inchiesta, archiviata, per disastro ambientale e una seconda, attualmente in corso con rinvio a giudizio, per inquinamento del mare. Questo impianto è l'oggetto di un servizio del Corriere della Sera, pubblicato anche sulla web tv della testata, appena pubblicato.
Un servizio che sembra proprio uno spot. Innanzitutto perchè non si sale sulla Vega senza il permesso di Edison, titolare del 60% della piattaforma (Eni ha il restante 40%), per motivi di sicurezza e di logistica derivanti dalla distanza dalla costa. A bordo, quindi, sale solo chi è dice l'azienda. Come è accaduto, prima che all'inviato del Corriere, a pochi giornalisti selezionati alla fine dello scorso giugno quando fu presentata alla stampa la nuova nave cisterna che raccoglie il petrolio estratto dalla Vega, la Leonis.
In quel caso, così disse Edison, i giornalisti furono scelti da Confindustria Siracusa tra i redattori delle testate di quella provincia e di alcuni giornali e tv nazionali. Stampa siracusana, da tempo avvezza a parlare dell'industria del petrolio e della raffinazione, e non invece la stampa ragusana come la geografia avrebbe consigliato. Se qualcosa va storto sulla Vega, infatti, piange Ragusa ben prima di Siracusa. A giugno, tra l'altro, fu rifiutata anche la richiesta di Ecoblog di salire a bordo.
Ma non è solo questo a far gridare allo spot: sono le parole degli intervistati, le immagini girate, gli argomenti trattati e le domande non fatte. Argomenti mirati soprattutto a dimostrare che sulla Vega il disastro non può avvenire e l'inquinamento è un'invenzione. Ecco l'incipit del pezzo del Corriere:
«Mai è stata versata una sola goccia di petrolio in mare, in oltre vent’anni di attività». Sulla piattaforma Vega-A, che sorge al largo di Pozzallo, nel Canale di Sicilia, l’hanno presa male. La richiesta di rinvio a giudizio, nella fase di indagine preliminare, dei responsabili della struttura di Edison, accusati dalla Procura di Modica di aver sversato in mare rifiuti pericolosi («con modalità illecite e nocive per l’ecosistema, ma che avrebbero consentito risparmi per decine di milioni di euro»), è considerata disonorante. Eppure non perdono la serenità
Il disastro, dice il personale della Vega, è impossibile perché la pressione del petrolio in uscita è troppo bassa (16-18 bar). Poi, però, aggiungono che per aumentarla questa pressione iniettano acqua e fango nel pozzo per spingere su il petrolio. E proprio questa pratica è sotto la lente di ingrandimento della Procura di Modica che afferma che i fanghi sono un rifiuto che va smaltito a norma di legge e non riutilizzato nella produzione.
Sarà la magistratura a decidere dove sta la verità e la ragione, non il Corriere, non gli ambientalisti, men che meno Ecoblog. Anche se la testata nazionale ha già l'assoluzione pronta nella penna:
Nessun problema a bordo della piattaforma, maestosa nell’azzurro del Canale, con i suoi 50 metri di altezza (fuori dalle onde, e altri 120 sotto il livello del mare): è stato necessario sostituire la nave-cisterna, in gergo Fso (Floating storage oil), che serve a immagazzinare il greggio pompato dal giacimento e a rifornire le piccole petroliere che fanno la spola con le raffinerie (soprattutto il petrolchimico di Gela). La vecchia “Vega-oil” non era equipaggiata con il doppio scafo e, pur non essendo dotata di motore, per la Capitaneria di porto non rispettava più le norme di sicurezza (altra inchiesta della Procura). Così Edison ha provveduto a equipaggiarne una nuova e a sostituirla: oggi, agganciata alla moderna boa a 2,5 miglia dal grattacielo di tubi gialli, container e gru, c’è la “Leonis”
E di questa piattaforma, "maestosa nell'azzurro canale", il Corriere narra anche la vita quotidiana di bordo: il biliardino, la palestra, la televisione tutti insieme. Nel mezzo le dotazioni di sicurezza ben in vista e a favore di camera e il kit antigas la scritta, bella grossa, "kit anti gas". Sempre a favore di camera. E, capolavoro, vanta i miracoli sociali della vita a dodici miglia da casa. Nelle parole del capoturno:
Una volta che stai 14 giorni lontano da casa scopri di più certi valori familiari e quindi ci sono anche dei vantaggi stando qui sulla piattaforma
Sembrerebbe il lavoro più bello del mondo. Anzi, lo è realmente come afferma un addetto alla produzione:
È un lavoro che ho scelto di fare, che mi piace fare, che amo fare: non lo cambierei per nessun motivo al mondo
E' il lavoro più bello del mondo ma, in questa società petrodipendente, qualcuno lo dovrà pur fare...
Questo post l'ho scritto per Ecoblog
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