Che la torta neonucleare italiana faccia gola a tutti è noto e comprensibile. Dopo gli approcci diplomatici di Westinghouse delle settimane scorse, questa volta registriamo quello un po' più aggressivo del tandem nucleare General Electric-Hitachi.
In una intervista al giornale di settore Quotidiano Energia, dal significativo titolo "Nucleare Italia: GE-Hitachi, siamo delusi", Danny Roderick, vicepresidente del settore Progetti nucleari di Ge-Hitachi ha sponsorizzato il proprio prodotto mettendo in evidenza i limiti della soluzione "di stato" dell'Epr francese targato Edf-Areva.
L'intervista non è possibile leggerla, Quotidiano Energia è un giornale on line a pagamento (costa pure parecchio...), ma alcuni stralci sono stati riportati da NuclearNews. E sono molto interessanti.
Roderick, in pratica, tenta di piazzare il proprio Esbwr (Economic Simplified Boiling Water Reactor) che avrebbe tra i suoi pregi, guarda caso, proprio tutti i punti dove l'Epr difetta:
Il nostro design Esbwr vanta il più basso rischio di danno del nocciolo rispetto a qualsiasi altro design attualmente preso in esame in Italia
e poi
è in grado di offrire condizioni ottimali sul fronte sia dei costi che dei tempi di realizzazione. Abbiamo dato prova di essere in grado di fornire un impianto completo di terza generazione nel rispetto delle tempistiche e dei budget. La prevedibilità di tempi e costi è essenziale per soddisfare i requisiti del Governo italiano in tema di riduzione delle emissioni di gas serra combinata alle esigenze di sicurezza energetica
Che Roderick, assai poco sportivamente, si riferisca alla ormai mitica sindrome di Olkiluoto dei reattori nucleari Epr?
E poi la chicca. Roderick ha capito benissimo che nessuno si può prenotare una fetta di torta nucleare italiana senza offrirne altrettanta all'Italia stessa:
È dagli anni Sessanta che lavoriamo con moltissime imprese italiane che hanno esportato apparecchiature e test per General Electric in tutto il mondo; saremmo lieti di assistere a una crescita di queste realtà anziché vedere importati i componenti da un altro Paese
Infine Roderick torna a parlare di sicurezza in maniera molto più pragmatica di prima: che succede se qualcosa si rompe?
Sul piano della sicurezza energetica l'Italia dovrebbe preoccuparsi del fatto che se tutti i suoi impianti fossero uguali a quelli dei Paesi vicini, la scoperta di un solo problema determinerebbe l'interruzione sia dei rifornimenti primari che di quelli di riserva. Per questo riteniamo sensato adottare un approccio diversificato come quello delle utility statunitensi, optando per più tecnologie affinché il portafoglio non sia eccessivamente legato a un'unica tipologia di soluzione o di impianto
Morale della favola: aggiungi un posto a tavola.
Via | Quotidiano Energia, NuclearNews
Foto | Flickr
Questo post l'ho scritto per Ecoblog