
Alla conferenza di Cancun la Cina apre ai tagli alle emissioni di CO2 e spiazza tutti. E tutti cercano di capire come, e perché, il gigante asiatico sia stato fulminato sulla via di Damasco. Con la Cina non si scherza, si sa...
Iniziamo a capire cosa promette Pechino: accordi vincolanti, ma su base volontaria e se tutti gli altri grandi emettitori , Stati Uniti in testa, si accodano. Altrimenti niente accordi e niente tagli all'anidride carbonica. Dopo un decennio buono di chiusura totale ad ogni forma di lotta ai cambiamenti climatici la Cina si scopre paladina dell'anti global warming?
Difficile da credere, ma è una speranza alla quale tutti si trovano costretti ad aggrapparsi. E la Cina ci guadagna: a guidare i negoziati, a questo punto, diventa lei con un clamoroso cambio di fronte. Tutto questo, guarda caso, proprio mentre Obama l'americano deve fare i conti con la nuova maggioranza repubblicana, che di tagli alle emissioni non ne vuole proprio sapere.
Alla fine potrebbe andare a finire anche con una fotocopia rovesciata di Copenhagen: l'accordo non si fa perché è mancata l'intesa tra i due big Stati Uniti e Cina. Ma con i primi a chiudere ai secondi, che ne escono da paladini. Misteri della diplomazia, ma resta il fatto che se accordo ci sarà (e la sola prospettiva rende di colpo, e clamorosamente, interessante il vertice messicano sul clima) la Cina si potrà candidare a nuova locomotiva dell'industria verde.
Industria verde che, c'è da scommettere, guiderà con le stesse regole con le quali guida l'industria nera, quella inquinante e ad alte emissioni trainata dalle centrali a carbone. Sul fatto che i cinesi abbiano realmente intenzione di trovare un accordo con gli Stati Uniti, e viceversa, pesano però i recenti screzi sui sussidi statali alle rinnovabili.
Via | Equo