Un vero e proprio crollo, non soltanto un calo. I motivi? Li spiega la stessa Anev:
il crollo del 40% del valore dei Certificati Verdi, ha determinato apprensione e sfiducia sia degli investitori che del sistema finanziario, poco propensi a investire e finanziare ingenti risorse in un settore che fino all'anno scorso aveva potuto contare su un sistema incentivante funzionale con determinati punti di riferimento che garantivano agli operatori seri e preparati il ritorno degli investimenti effettuati, ma che ora si trova a confrontarsi con un quadro di grande incertezza e preoccupazione sui prossimi provvedimenti
Senza incentivi, quindi, gli investimenti vanno via. Una storia abbastanza complessa, nata con la proposta di eliminare l'obbligo di acquisto dei certificati verdi invenduti da parte del Gse, poi ritirata ma con la clausola non indifferente di un taglio del 30% sui prezzi d'acquisto. Per farla semplice: i certificati verdi, che attestano la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica, se non vengono piazzati sul mercato (li devono comprare obbligatoriamente le aziende che producono molta CO2) vengono acquistati lo stesso dallo stato ad un prezzo fisso.
Poiché i certificati verdi sono cari, però, le aziende preferiscono non acquistarli e pagare le multe, spendendo meno. Ecco, allora, che il mercato è pieno di pezzi di carta da vendere allo stato. Stato che, ora, ha deciso di tagliarne il prezzo. L'affare, quindi, si fa molto meno interessante. Ma non così poco interessante quanto afferma l'Anev.
E' solo questione di tempo, infatti, prima che il mercato si adegui: i certificati verdi, invenduti, scenderanno finalmente di prezzo e verranno acquistati da chi effettivamente dovrebbe: le aziende che emettono CO2. Il prezzo, quindi, tornerà a salire ma non quanto vorrebbero i produttori. Basterà a risollevare il mercato dell'energia eolica?
Via | Anev
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