

Secondo Eye on Earth, invece, cosi:

quando le buone idee vanno in fumo
Incombe il rischio che la Ionio Gas, titolare del progetto, lo abbandoni. Partner paritari di Ionio Gas sono Erg e Shell. Quale immagine della Sicilia porterà la Shell nel mondo? Quale messaggio agli investitori internazionali? Uno solo: la Sicilia non è affidabile per nessun investimento.
Questo stop al rigassificatore ha nomi e cognomi, che stanno nella classe politica provinciale e regionale. Si stanno adottando due pesi e due misure per il progetto di Porto Empedocle (dell’Enel) e per questo di Melilli (della Ionio Gas). Perchè? Il presidente Lombardo non può più rimanere in silenzio.
Ma incombe anche un altro rischio: l’abbandono del territorio da parte dell’Erg. Il che vuol dire di buona parte della zona industriale siracusana. E dall’industria proviene oltre il 40 per cento del reddito prodotto in questa provincia, ma anche il sostegno ai consumi in tutto il territorio. Tutto questo rischia di svanire.
L'entrata a regime consentira' di acquisire esperienza operativa nell'utilizzo di questo tipo di impianti
* ARROGANCE *
* (Parfum pour Spéculateurs) *
Chi usa “Arrogance” , questo pregiato parfum francese ?
Ovviamente i nostri politici, che oggi si rivelano tutti, nessuno escluso, sensibili alle problematiche ambientali.
Anziché produrre precise ed adeguate azioni di governo, si “profumano” per apparire diversi.
Lo usano anche i dirigenti della Raffineria, anzi lo fanno uscire dalle loro ciminiere, per diffonderlo in tutta la Valle del Mela, come un petit cadeau.
Cosa buona, del resto perché coltivare il gelsomino inteso anche, per chi lo disconosce, "Regina della notte" e poi estrarre l’essenza, quando “il est plus facile” usare le decine di ciminiere, che si dispongono.!
Grazie veramente grazie, peccato che sia il Ministero che l’Assessorato regionale del Turismo, non promuovano un preciso marketing territoriale per attirare turisti, ..sicuramente appena sapranno dell’evento, verranno a flotte, per godersi tali meraviglie e dimenticavo anche per ossigenarsi.
Da noi la gente si ammala di noia, un sistema troppo perfetto, efficienza, organismi istituzionali all’avanguardia, in palazzi moderni e di vetro, il funzionalismo da noi è arrivato prima che in altri posti.
Tutti ci invidiano, i prezzi delle case sono alle stelle, le dinamiche immobiliari sono forti, l’economia sociale, il benessere, tutto fin troppo evidente, pensate che non sappiamo dove mettere le barche, la zona industriale di Giammoro è stracolma, spero che all’attento Ministro Scajola, non sia sfuggita tale evidenza.
Noi effettuiamo la raccolta differenziata, curiamo il paesaggio, il verde e nel tempo libero, purtroppo ne abbiamo poco perché qui lavorano tutti, ci occupiamo di letteratura, teatro, convegni, vela, golf etc. etc.
Non viaggiamo molto, perché non ci piace abbandonare questa meraviglia.
Qui si muore solo di vecchiaia, niente malattie, gli ospedali sono ben attrezzati assomigliamo ad Hotel a 5 stelle, certificati I.S.O. ed inoltre si trovano in mezzo a parchi urbani contornati da alberi secolari e pregiati.
Sia il personale medico che paramedico sono eccessivamente cortesi e cordiali, ed a nessuno vene in mente di andare, qualora nella più recondita ipotesi dovesse necessitare, in altri posti.
I nostri cimiteri sono ben curati, non vi è un filo d’erba che turbi la intimità tra vivi e defunti.
Le nostre scuole poi sono il simbolo e l’orgoglio di tutti, per le “nostre eccellenze” rimanere quì o studiare ad Oxford o Cambridge è la même chose!
E che dire poi delle Banche?
E’ un vero piacere andare nelle nostre banche, fidi, mutui e prestiti a tutti, imprenditori e no!
Per tutto questo, dobbiamo dire grazie alle industrie che insistono nella Valle del Mela, non capisco perché il Governo non prenda esempio, di tale illuminante e meravigliosa realtà, forse a Roma non tutto funziona bene, come da noi.
Comunque noi non siamo egoisti, ci occupiamo anche dei problemi degli altri, ad esempio al forte disagio sociale che c’è a Montecarlo, sulla Costa Azzurra, Abu Dhaby etc., facciamo cospicue sottoscrizioni per tali sfortunati.!!
Per oggi ho finito (ET DE HOC SATIS) !!!
Quando si parla di eolico e incentivi in sede di comparazione internazionale di solito ci si riferisce ai Certificati Verdi che sono di gran lunga la forma di incentivazione più utilizzata e di solito anche l’unica. Da noi invece le cose funzionano diversamente: i Certificati Verdi valgono più che altrove e ad essi si aggiungono molte altre agevolazioni che fanno dell’Italia la terra promessa per gli industriali del vento nonostante il nostro Paese non sia particolarmente vocato per la produzione di energia eolica. La corsa a chiedere autorizzazioni per impiantare pale alte un centinaio di metri è in realtà una banale corsa agli incentivi e alle agevolazioni che fa ricchi pochi a discapito della collettività.
Vediamo quali sono le sette fonti d’oro che attirano speculatori e multinazionali da ogni dove.
(1) Innazitutto i Certificati Verdi: ogni 50 MWh di energia eolica prodotta dà luogo a un certificato liberamente negoziabile sul mercato. La compravendita di certificati verdi è garantita dal Gse, il Gestore dei servizi elettrici che acquista a un prezzo predeterminato, ma più spesso i certificati vengono venduti ai produttori di energia da fonti tradizionali che per legge devono produrre una determinata quota di energia anche da fonti rinnovabili o, in alternativa, acquistare i certificati verdi. Il prezzo dei certificati era libero di fluttuare; con l’ultima Finanziaria (2008) il governo ha posto un tetto di 112,88 euro/MWh, ma ha anche prolungato da 12 a 15 anni la durata dell’incentivo. (2) Su richiesta dei produttori, inoltre, il Gse (che è un ente pubblico) può anticipare il pagamento dei certificati verdi a fronte delle stime produttive per l’anno successivo, con conguaglio a fine periodo basato sui dati reali di produzione. Così capita che le stime vengano gonfiate anche del 30% (dati ufficiali Gse relativi al 2006) per ottenere pronta cassa dall’Ente soldi da impiegare o investire come più aggrada ai titolari degli impianti. Soldi pubblici che vengono dalle nostre bollette (componente Cip6) e che, in caso di fallimento di un produttore, sono difficilmente recuperabili. Inoltre, il limite di 15 anni all’incentivo è aggirabile grazie a una legge dalle maniche larghe: (3) basta una ristrutturazione – peraltro necessaria per le parti soggette a usura – per far risultare come “nuovo” l’impianto e far ripartire da zero il contatore degli anni (15+15!).
Potrebbe bastare, ma non basta: quello dei soldi pubblici all’eolico in Italia è un vero e proprio fiume in piena. Così ai Certificati Verdi si aggiunge il (4) “dispacciamento prioritario”: in pratica il GSE è obbligato ad acquistare “sempre e subito” tutta l’elettricità prodotta da eolico, a prescindere dall’effettivo fabbisogno del sistema e dalla possibilità di acquisto di energia a prezzo inferiore – situazione tipicamente riscontrabile di notte con l’energia da nucleare. Meccanismo che obbliga il GSE a retribuire l’impresa eolica per l’energia prodotta, anche quando per ragioni tecniche non è stata immessa in rete. Per i titolari di impianti eolici ciò si traduce in una garanzia sul venduto sino all’ultimo KW prodotto, consentendo di lavorare in un mercato privo di concorrenza; invece per il Gestore di rete ciò rappresenta costi aggiuntivi, scaricati sull’utenza.
Basta così? Nooo. (5) Bisogna considerare che i MWh immessi in rete vengono retribuiti dal Gse a un prezzo prefissato definito di anno in anno (circa 68 €/MWh nel 2007) e che (6) le infrastrutture necessarie al collegamento di un impianto eolico alla rete di distribuzione sono a carico del gestore della rete, cioè Terna, e non del produttore. Ma, direte voi, gli investimenti per realizzare un parco eolico sono consistenti, siamo nell’ordine delle decine di milioni di euro, e di quelli si faranno ben carico gli imprenditori dell’eolico. In effetti sarebbe così se non ci fossero (7) i finanziamenti a fondo perduto e/o a tasso agevolato previsti dalla legge 488/92. ll ministero delle Attività Produttive stila annualmente delle graduatorie ed elargisce i finanziamenti che teoricamente sarebbero finalizzati a stimolare lo sviluppo locale. Negli ultimi anni sono stati concesse diverse centinaia di milioni all’eolico (470 milioni nel solo 2006). Per la parte non a fondo perduto la legge prevedeva un tasso dello 0,5%; ora l’interesse è cresciuto, ma è di gran lunga inferiore ai tassi di mercato. Questi finanziamenti statali riducono notevolmente gli oneri dell’investimento iniziale e abbattono (talvolta dimezzano) i tempi di ammortamento dell’impianto. E dove non arriva lo Stato, arrivano le Regioni, specie al Centro-Nord: nel caso dell’impianto eolico previsto a Monterotondo Marittimo la Regione Toscana ha elargito oltre 3 milioni di contributo a fondo perduto. La sommatoria di tutti questi incentivi e agevolazioni rende conveniente impiantare pale eoliche a prescindere dalla loro effettiva produttività e la conclusione potete tirarla da soli.
Sennuccio del Bene
Comitato GEO – Ambiente e Territorio – Monterotondo Marittimo”
Sì definitivo della Camera al Decreto Ronchi che liberalizza i servizi pubblici locali. Tutti in difesa dell’acqua, ma c’è molto di più…
302 sì, 263 no, nessun astenuto, la Camera approva.
Il Disegno di legge: S. 1784. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee", già approvato dal Senato il quattro novembre scorso, ha ricevuto oggi l’ok definitivo della Camera.
E’ legge, amen.
Di questo disegno di legge, e del decreto legge che converte, se ne è parlato molto soprattutto per un motivo: è il primo passo verso la liberalizzazione della gestione dell’acqua nei comuni italiani.
Il terrore di ecologisti e associazioni di consumatori è che, ora, l’acqua diventi un bene di mercato e, come tale, vada solo dove ci sono i soldi.
Quindi bollette alle stelle e servizio ridotto al minimo dove non è economicamente vantaggioso.
Adusbef, Federconsumatori e Movimento consumatori promettono già battaglia e pensano al referendum.
Scommetto che non ci si arriverà perchè, molto prima di raccogliere le firme, ci sarà qualche ricorso al Tar con richiesta di sospensiva, magari per dettagli minori della legge.
Il Governo, da parte sua, ovviamente difende la legge.
Innanzitutto, dicono, si tratta di un adeguamento ai voleri della Corte di Giustizia europea. Poi, aggiungono, non si tratta di privatizzare l’acqua ma di liberalizzarne la gestione.
L’antitrust, infine, applaude.
E’ assolutamente inutile stare a spaccare il capello: la risorsa acqua non ha i piedi, quindi se una ipotetica società di gestione decide di fare i capricci con gli allacciamenti o con le forniture rischiamo di fare la fine della particella di sodio nella pubblicità…
E’ già successo in alcune grandi città italiane, Roma prima di tutte, e con aziende ancora formalmente in mano al pubblico.
Ma la cosa che a me interessa di più non è l’acqua. O, meglio, non solo.
Perchè sto benedetto decreto Ronchi non ha a che fare solo con l’acqua ma con tutti, o quasi, i servizi pubblici erogati dai comuni.
Copia e incolla dal sito della Camera, giusto per non fare errori:
In sintesi, la nuova disciplina introdotta dall’articolo 15 del decreto legge 135/2009, il cui disegno di legge di conversione è stato approvato in via definitiva e non ancora pubblicato:
Con questo decreto, in pratica, la vostra amministrazione comunale è autorizzata a smantellare buona parte degli uffici tecnici e affidare di tutto e di più ai privati.
Potrebbe essere una cosa buona, come cattiva: dipende dai comuni e dipende dai privati.
Facciamo qualche esempio a caso: domani potreste trovarvi una nuova ditta che effettua la pulizia e la potatura dei giardinetti pubblici, magari con incarico di manutenzione sulle giostrine a molla per i bambini.
Mettiamo che la manutenzione sulle giostrine sia fatta male e vostro figlio cade, si fa male, si ferisce seriamente, resta addirittura in sedia a rotelle o ci crepa.
Dolore, strazio, incazzatura e, soprattutto, tribunale.
Ci vediamo in tribunale. Voi, e il vostro avvocato, contro una Srl con ufficio legale e capitale sociale da cento mila euro scarsi…
Bando ai drammi, andiamo nel quotidiano: la munnizza.
L’igiene urbana è tra i servizi che si possono affidare ai privati.
Si dirà: “lo era già prima”.
Vero, ma solo in parte: raccolta ai privati, discariche e impianti vari (per chi ha la fortuna di avere il ciclo differenziato) affidato ai privati ma sotto gestione degli Ato, quindi del pubblico.
Ora no. Ogni comune fa come gli pare, da una parte, e tutti siamo autorizzati ad aprire una discarica o un impianto di compostaggio dall’altra: se liberalizzazione deve essere, deve essere anche concorrenza!
Preciso, questo nel decreto non c’è, ma la legge dovrà essere per forza interpretata così altrimenti la Corte europea si arrabbia di nuovo…
Quindi, se avete qualche milione di euro da parte, ora sapete dove spenderlo.
Non ce lo avete?
No problem, altri ce l’hanno. Chi? Ma le mitiche multiutility del nord Italia, ovviamente…
Già, le multiutility, che percorso, che passi da gigante in pochissimi anni!
Sono pronto a scommettere un sacco di immondizia (e non avete idea di quanto varrà a breve un sacco di immondizia) che il ciclo dei rifiuti del sud Italia si troverà presto “liberamente gestito” dalle aziende del nord.
Non per niente la Lega Nord ha già chiesto una modifica in favore dei “comuni virtuosi”, cioè quelli del nord: per questi comuni la Lega chiede la possibilità di fare uno strappo alla legge e continuare con l’affidamento diretto dei servizi, invece che con la gara pubblica.
Certo, mica scemi i leghisti, le gare, se si devono fare, visti i soldi in gioco devono essere europee e, quindi, devono poter partecipare anche le aziende estere.
Se al sud si teme l’invasione dei lumbàrd, al nord si teme quella dei forestieri…
Nessun razzismo, ma vale sempre la storia del tribunale: se questi fanno i furbi, con chi ci incazziamo?
Dalla Ue la conferma: l’Italia rientrerà nei parametri di Kyoto. Pagando.
La notizia circolava già da mesi, ma ora c’è la conferma ufficiale: l’Italia riuscirà a rispettare i limiti alle emissioni di CO2 imposti dal protocollo di Kyoto.
Ma non è esattamente una buona notizia…
Il Commissario europeo per l’Ambiente, Stavros Dimas, ha spiegato ai giornalisti che non solo l’Italia, ma l’Europa intera riuscirà a far fronte agli impegni.
Tutti si chiederanno come sia possibile, visto che nulla o quasi è stato fatto per ridurre le emissioni climalteranti e, anzi, per mesi e mesi non si è fatto altro che rimarcare i ritardi del vecchio continente.
La risposta è semplice: pagando tutto è possibile.
Il meccanismo è sempre quello dell’Ets, l’emission trading system, che ha recentemente costretto l’Europa a voli pindarici.
Nel dettaglio, e parlando in particolare dell’Italia, Dimas ha spiegato che il nostro paese rientrerà negli obblighi di Kyoto grazie a “una combinazione di politiche e di misure già adottate, oltre ad interventi addizionali”.
Interventi addizionali? Certo, altrimenti col cavolo che ce la facevamo…
Con questo sostantivo e questo aggettivo Dimas intende proprio l’acquisto dei crediti sul mercato Ets. A venderceli sono stati, e saranno anche per i prossimi anni, sia gli amici europei sia altri paesi che, al contrario di noi, hanno deciso di guadagnarci con la CO2 invece di perderci.
Un sacco di soli: più di mezzo miliardo di euro.
Andiamo al sodo, e siamo onesti: non è che gli altri paesi industrializzati europei (e non) stiano messi molto meglio di noi. Siamo tutti sulla stessa barca, è il sistema che non va bene.
Fino a quando resterà in piedi la scappatoia economica dell’acquisto dei crediti di CO2 nulla potrà cambiare.
Specialmente per un paese come l’Italia che è un professionista dell’aumento del debito pubblico.
Il nostro paese, ad esempio, negli ultimi anni non ha combinato quasi nulla di buono per riconvertire gli impianti più inquinanti.
E, presto, potrebbe andare anche peggio: dall’America, infatti, arriva una notiziona che farà felici gli amanti del carbone.
Si tratta dell’inaugurazione dell’impianto di cattura e stoccaggio della CO2 della centrale a carbone di Mountaineer, capace di “sequestrare” cinque tonnellate e mezzo di anidride carbonica l’ora, evitando di mandarla al camino.
L’anidride carbonica viene liquefatta e pompata nel sottosuolo, ad una profondità di oltre due km. In realtà, però, solo 1,5% della CO2 prodotta viene pompata nel sottosuolo, cioè quella prodotta da una frazione della potenza totale della centrale.
In pratica: la centrale produce 1.300 MW/h di energia elettrica e la quota con la CO2 sequestrata è pari a 20 MW/h. Siamo ancora in piena sperimentazione…
Ma anche se fosse il 100%, siamo sicuri che continuare a produrre a carbone per poi pompare sotto terra l’anidride carbonica sia una buona idea? A parte il vecchio detto della polvere sotto il tappeto, resta ancora da capire se e come si comporterà in futuro questo liquido iniettato in profondità.
A sentire quelli della centrale va tutto bene: il liquido pompato sotto terra è pulitissimo perchè composto solo da vapore acqueo e anidride carbonica. Hanno inventato l’acqua frizzante!
Scherzi a parte, d’ora in poi quando stappate una bottiglia di Ferrarelle ricordatevi della centrale termoelettrica di Mountaineer e sperate che non vi salgano le bolle sotto i piedi.
A proposito di Ferrarelle: capita anche a voi, quando la bottiglia cade per terra o prende una brutta botta, che salta il tappo e comincia a schizzare da tutte le parti?
Ve lo immaginate un terremoto dalle parti di Mountaineer? Che figata, sai che geyser!