E di motivi per rispondere così, se leggete questo blog ce ne sarebbero a dozzine. L'ultimo è fresco fresco: la Regione Sicilia ha firmato il protocollo di intesa con Eni per il comparto industriale del petrolio e della raffinazione. Più che un protocollo è un armistizio: da almeno un anno, anche se non lo ammette e non lo comunica per diplomazia, l'Eni è furiosa con il governatore per una serie scelte politiche che ritiene (e non solo l'Eni) incomprensibili.
A parte il fatto che la Regione Sicilia non paga da anni la bolletta (milionaria) dell'acqua al dissalatore di Gela, gestito in parte dalla Raffineria di Gela S.p.a. (cioè dall'Eni), l'ultimo screzio deriva dalla decisione di Raffaele Lombardo di bloccare i pozzi petroliferi della provincia di Ragusa.
Una notizia che, paradossalmente, non ha nulla a che fare con l'ambiente visto che il blocco è motivato da questioni paesaggistiche: a bloccare i pozzi, e alcune "opere accessorie" come le tubazioni che portano il greggio al Centro Oli Eni di Ragusa, non è stata l'Arpa ma la Soprintendenza ai Beni Culturali. Nessun accenno, quindi, alla tutela del suolo, dell'aria o delle acque.
Di contro, però, da anni Eni ha sul tavolo qualche decina di milioni di euro da investire a Gela per bonifiche e ammodernamenti che darebbero almeno un sollievo all'ambiente massacrato negli anni (dall'Eni stessa, va precisato) in città. Soldi fermi, da Palermo non arrivano le autorizzazioni.
E ora l'armistizio: un protocollo di 13 pagine firmato ieri a Palermo con il quale la Regione si impegna
a intraprendere ogni utile iniziativa di collaborazione e semplificazione amministrativa affinché sia attuato un clima amministrativo e politico costruttivo di collaborazione che crei le premesse per lo sviluppo economico e industriale atteso, senza trascurare gli obbiettivi di tutela e valorizzazione dei valori ambientali, storici, culturale e paesaggistici della Regione Siciliana
mentre l'Eni si impegna a coprire il deposito a cielo aperto del velenosissimo Pet Coke che alimenta la centrale termoelettrica della raffineria di Gela (che non dovrebbe nemmeno esistere, a sentire le critiche dell'Unione Europea) e si impegna
ad avviare il futuro sviluppo delle nuove iniziative di ricerca e coltivazione di idrocarburi all'interno dei siti nei quali EniMed è presente già da decenni, minimizzando ulteriormente l'impatto delle proprie attività sul patrimonio ambientale, storico, culturale e paesaggistico della Regione Siciliana
Quindi, se a Palermo parlano lo stesso italiano che si parla a San Donato Milanese, prima del protocollo l'Eni doveva smettere di trivellare, dopo il protocollo deve potenziare le attività di trivellazione. Come mai? Cosa è cambiato? Questione di soldi: la Regione non paga le bollette e l'Eni trattiene una percentuale nelle royalties (10%) da girare a Palermo.
Quindi, se la matematica non è un'opinione, più l'Eni estrae petrolio e gas naturale dal sottosuolo siciliano, prima la Regione Sicilia si toglie di mezzo il pesante debito nei confronti dell'azienda. Una soluzione qualunquemente giusta per tutti.
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