Edoardo Zanchini, Legambiente: "Nessuna visione italiana per l'energia"

Quinto Conto Energia, decreto rinnovabili, Conto Energia Termico. Tanti dubbi, nessuna strategia

Che gli incentivi alle rinnovabili, sia il fotovoltaico con il Quinto Conto Energia che le altre elettriche con il decreto rinnovabili, siano uno degli argomenti più scottanti di questo periodo ormai si era capito. I decreti sui nuovi incentivi, che non sono ancora stati approvati dal Governo Monti, hanno scatenato una ridda di proteste da parte delle associazioni ambientaliste, di quelle di categoria, degli enti locali riuniti nella Conferenza unificata Stato-Regioni-Comuni che ha strappato a Corrado Passera qualche non meglio precisata modifica ai testi.

Ho avuto il piacere di parlare di tutto questo con Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente nonché responsabile del settore Energia dell'associazione. Con Zanchini abbiamo fatto il punto della situazione energetica italiana che, come scoprirete leggendo o vedendo l'intervista, è profondamente cambiata negli ultimi anni.

Ma, purtroppo, è cambiata senza aver dietro una precisa strategia energetica nazionale che avrebbe potuto evitare eccessi e contraddizioni. Oggi scopriamo un'Italia potenza del fotovoltaico, piena di centrali termoelettriche dal futuro assolutamente incerto, priva di una visione politica sul risparmio energetico e sulle rinnovabili termiche.

Un'Italia che vorrebbe diventare un piccolo Texas dando il via libera alle trivelle sul suolo e nei mari nazionali, senza però sapere realmente quanto sia il petrolio e il gas che potrebbe estrarre. Tutto questo mentre le bollette salgono e non si sa perché. Anzi sì...


1) Quinto Conto Energia, a pochissimi mesi da quarto, ce n'era bisogno? 

C'era bisogno di un intervento perchè l'anno prossimo termina il Quarto Conto. Bisognava evitare gli errori che in questi anni hanno portato ad uno sviluppo enorme del fotovoltaico: c'era la possibilità di guadagnare molti soldi, ad esempio con il Salva Alcoa che ha permesso di beneficiare di incentivi molto vantaggiosi in un determinato periodo dell'anno scorso. 
Il problema è che il governo è intervenuto sulla spinta di una serie di critiche derivanti dall'impatto in bolletta degli incentivi e ha deciso di creare per il futuro tutta una serie di barriere per lo sviluppo del solare fotovoltaico. Quindi si è andati oltre quello che ci si immaginava. 

 2) E invece per le altre rinnovabili? E' una situazione diversa: cosa servirebbe per queste fonti di energia? 

Per le altre rinnovabili c'erano i Certificati Verdi, per la parte elettrica, ma lo scorso hanno il Parlamento è intervenuto per cambiare le norme sugli incentivi. Che poi però non sono state mai attuate perché mancavano i decreti attuativi. 
Sono arrivati ora per la parte elettrica, mancano ancora per la parte termica. Sono due anni che si sente parlare dell'importanza delle rinnovabili termiche e che si dice che non si devono incentivare solo le elettriche (per primo lo dice il ministro Passera). Ma il primo provvedimento che ha fatto è il decreto sulle rinnovabili elettriche, che introduce molta burocrazia, e niente per le rinnovabili termiche: neanche una bozza. 
Riguardo alle elettriche, già il decreto Romani prevedeva di passare da un sistema di certificati verdi che è un sistema di mercato che ha permesso negli scorsi anni di creare impianti eolici, a biomassa, idroelettrici con criteri di mercato, a un sistema che viene regolato dalle aste. 
In più si passa da un incentivo che trova le risorse dal mercato, con degli obblighi per i distributori di energia elettrica che ha dei vincoli (l'obbligo di acquisto dei certificati verdi per chi produce o importa energia elettrica non rinnovabile, ndr) ad un meccanismo che è pagato cioè da tutti noi in bolletta. 
Allora il Governo che fa per evitare che ci sia un peso eccessivo sulle bollette? Dice che ci sono dei limiti annui di potenza e, oltre ad introdurre le aste, impone come per il fotovoltaico dei registri. Che sono un modo con cui tu, sostanzialmente, prendi un biglietto e ti metti in fila per ottenere l'incentivo.
Questo sistema, che riguarda sia il fotovoltaico che tutte le altre fonti rinnovabili, è stato criticato dalla Commissione europea perché non offre nessuna certezza. Mentre prima tu avevi la certezza di realizzare un investimento (per il fotovoltaico attraverso il Conto Energia con cui sapevi la tariffa che prendevi e per le altre fonti con i Certificati Verdi) ora non è più così: tu prendi il biglietto, realizzi l'impianto e devi sperare di riuscire a prendere l'incentivo. 
Se non ci riesci scali all'anno dopo. Ed è per questo che è criticabile, anche perché i tetti annui per ogni fonte rinnovabile sono bassi. 

3) Quindi in pratica tutto il lato burocratico va migliorato? E' solo una questione di soldi o di meccanismo e andava meglio prima, con gli incentivi dati a tutti? 

Per farla semplice: c'è un unico paese in cui il sistema degli incentivi funziona, ed è il paese che sta investendo di più in rinnovabili. Questo paese è la Germania e ha un sistema trasparente: per tutte le fonti rinnovabili vale il Conto Energia.  
Cioè: se io ho un impianto e lo metto in funzione ho la certezza che avrò la stessa tariffa per vent'anni.  Queste tariffe vengono riviste ogni sei mesi-un anno, ma ho la certezza se faccio un impianto di sapere quanto prenderò. Gli incentivi vengono ridotti in funzione sia degli investimenti che vengono fatti sia dell'innovazione tecnologica che abbassa i costi degli impianti.  
Questo sistema è il più trasparente e il più efficace. Magari in Italia avrebbe portato per il fotovoltaico a ridurre di molto gli incentivi, che sono molto generosi. Invece cosa abbiamo fatto noi? Abbiamo creato un sistema molto barocco in cui tu hai un incentivo molto più alto di quello tedesco, ma non hai nessuna certezza di ottenerlo.  
E' come se prendessi un biglietto della lotteria: io ci provo, e ci sono molti altri che ci provano insieme a me, se mi va bene io prendo gli incentivi altrimenti rinvio di un anno e mezzo. E' chiaro, però, che se io realizzo un investimento da ventimila euro (una famiglia che si fa il fotovoltaico sul tetto di casa, o un'impresa) e poi rinvio tutto a un anno e mezzo, e non sono sicuro dell'incentivo, con la banca l'accordo non lo troverò mai. Se i soldi non ce li ho nessuna banca me li presterà mai perché non c'è garanzia che io prenderò l'incentivo. 

4) A quanto pare il fotovoltaico sta modificando il mercato dell'energia, sottraendo i guadagni alle centrali termoelettriche che devono stare ferme per buona parte della giornata. E' reale questo scenario? 

Indubbiamente c'è un enorme cambiamento in corso nella generazione elettrica. I grandi guadagni sull'energia elettrica in Italia si sono sempre fatti nelle ore di maggior domanda, che sono tra le 11 e le tre del pomeriggio. Un momento della giornata in cui tutte le centrali lavoravano perché c'era una grande richiesta di energia.

Il fotovoltaico produce soprattutto tra le 11 e le tre, se lo sommiamo alla produzione che viene da eolico, idroelettrico, biomassa etc... c'è una grossa fetta della domanda che viene soddisfatta dalle fonti rinnovabili. Che sono quasi gratuite, nel senso che prendono già l'incentivo e quindi possono vendere ad un prezzo pari a zero.  
Ma qual'è l'effetto paradossale? Che vengono tagliati fuori gli impianti a gas, che sono quelli più efficienti, perché sono più costosi rispetto a quelli ad esempio a carbone, che sono più inquinanti. Le centrali a gas sono molto più recenti e devono ancora smaltire il project financing con il quale sono state costruite.  
Tutti vendono un po' meno e si accusa il fotovoltaico di non far funzionare le centrali a gas. Quando in realtà in un paese normale si direbbe: "fortuna che c'è il fotovoltaico, che ci fa ridurre il costo dell'energia".  
Perché sulla borsa elettrica a mezzogiorno si è ridotto il costo, ma la sera aumenta. E' una cosa che non ha senso dal punto di vista dell'economia di mercato perché la domanda è più bassa, ma è evidente che le aziende elettriche si rifanno dei mancati guadagni di mezzogiorno. Su tutto questo noi chiediamo all'Authority di vigilare perché probabilmente c'è un cartello in corso tra le imprese. 
Quello che si dovrebbe garantire è che, da un lato, il risparmio ci sia realmente e che, dall'altro, tutto questo si cominci a vedere in bolletta. Hanno fatto tante accuse al fotovoltaico, ora i vantaggi ci sono e li vorremmo vedere anche per i cittadini e le aziende. 

 5) A questo punto mi tocca una domanda: l'Italia ce l'ha o non ce l'ha una strategia energetica nazionale? 

La risposta è molto semplice: no. Abbiamo la curiosa situazione per cui siamo riusciti a realizzare, senza rendercene conto, una enorme trasformazione. Oggi siamo in una situazione assolutamente impensabile dieci anni fa. In negativo, perché con la crisi economica si sono ridotti i consumi per cui da cinque anni è fermo il consumo elettrico (e anche quello energetico in generale).  
Nel frattempo c'è stato un boom delle rinnovabili che è un vantaggio enorme per un paese che importa quasi tutta la sua energia. Il problema è che abbiamo pensato, come paese, che realizzando tante centrali termoelettriche si sarebbe finalmente creata la concorrenza e si sarebbero ridotti i prezzi. 
Oggi siamo al paradosso: abbiamo un parco installato di centomila MegaWatt per la parte termoelettrica, siamo a quasi 40mila per le rinnovabili, e la domanda non è mai arrivata a 50mila MegaWatt. Il che vuol dire che tante centrali rimangono ferme per tante ore del giorno e però si accusa di tutto questo le rinnovabili.  
Quello che si dovrebbe fare è: primo, continuare nello sviluppo delle rinnovabili, secondo aiutare le famiglie a risparmiare (oggi non c'è nessuna politica per far pagare meno alle famiglie le bollette, sia quella elettrica che quella termica), e terzo dare una prospettiva a questo enorme parco centrali che abbiamo affinché sia più efficiente e abbia minori emissioni di CO2.  
Quello che diciamo noi come Legambiente è: facciamo un sistema per cui le centrali che devono comunque rimanere in piedi per mantenere il sistema (perché le rinnovabili ci sono solo certe ore e certi mesi di più) ci rimangano, ma premiamo quelle che emettono meno CO2. Quindi quelle a gas. 

6) A questo punto una opzione potrebbe essere quella di chiudere qualche centrale termoelettrica. Gira voce che Edipower abbia intenzione di chiudere due impianti, forse quello di Milazzo e quello di Brindisi. Girano voci simili anche per altre compagnie che hanno impianti molto vecchi e molto contestati. In Germania iniziano a parlare di incentivi alla chiusura degli impianti, perché hanno esattamente lo stesso problema nostro. Tutto questo è credibile e fattibile in Italia? 

Al momento non c'è nessuna visione di come nell'interesse pubblico si possa accompagnare questo processo. Sicuramente avverrà spontaneamente. Facciamo l'esempio della Sicilia: il giorno di Pasquetta all'ora di picco il 100% è stato prodotto dalle rinnovabili, solare ed eolico. 
Questo fenomeno si avrà sempre di più andando verso l'estate, è chiaro che molte centrali se non producono almeno una certa quantità di energia escono fuori dal mercato. Per cui verranno chiuse, ma spontaneamente dalle aziende. Il problema è che tutto questo andrebbe quanto meno accompagnato, per evitare che si chiudano le centrali a ciclo combinato a gas che sono le più efficienti. 
Non è un mistero che molti dei grandi gruppi energetici italiani siano in difficoltà e che c'è il rischio che chiudano alcune delle centrali più efficienti visto il sistema che è completamente sregolato e senza nessuna visione. Magari teniamo in piedi le centrali a carbone come Civitavecchia e chiudiamo quelle a ciclo combinato.  
Non avrebbe senso, anche perché il guadagno che le aziende avrebbero dal passare al carbone non si vedrebbe in bolletta. Perché per come è fatta la borsa elettrica tutti vendono al prezzo che si forma sul mercato. E quindi anche chi produce col carbone, e spende due lire, poi si fa un sacco di soldi. 

7) Per il risparmio energetico e le rinnovabili termiche, invece, attualmente manca quasi del tutto un quadro di incentivi e un quadro normativo che ne regoli lo sviluppo. E a dire il vero gli italiani neanche ne sanno tanto ancora..

Tra l'altro c'è molta ipocrisia quando si parla delle bollette perché per una famiglia media italiana l'incidenza del riscaldamento domestico e dell'acqua calda sanitaria è molto più alta di quella dei consumi elettrici. Mediamente una famiglia italiana spende mille euro l'anno (meno al sud, di più al nord) per il riscaldamento, in alcuni casi anche quattro volte quanto spendono per la bolletta elettrica. E non c'è nessuna politica per cambiare questa situazione.  
L'unica cosa che si è fatta in questi anni sono le detrazioni Irpef del 55% per l'acquisto di una caldaia a condensazione, di un pannello solare termico etc... Questo 55% è in continua discussione, ogni anno potrebbe essere abolito, si pensava che i decreti attuativi del decreto Romani avrebbero introdotto degli interventi in merito.  
Addirittura una sorta di conto energia termico, cioè la possibilità di riconoscere in bolletta il risparmio energetico. Il problema è che di tutto questo non c'è più traccia: erano girate sei mesi fa delle bozze di decreti che sono sparite. L'ultima ipotesi che gira è che questo sistema ci sarà ma varrà solo per il pubblico: i palazzi dei Comuni, gli ospedali, etc...  
Il pubblico è un pezzo del discorso ma non si può pensare che cambi qualcosa solo con le detrazioni del 55%. Faccio un esempio: per beneficiare del 55% bisogna avere dei redditi da detrarre. Un pensionato come fa a detrarre il costo di una caldaia? Semplicemente non la cambia.  
Bisogna pensare a interventi più efficienti, come fanno in Germania dove ti permettono di avere uno sconto se tu da un anno all'altro riduci i tuoi consumi elettrici e termici. E quindi tu sei incentivato a fare attenzione ai consumi, sei premiato. E' chiaro che bisogna andare in questa direzione perché qui sta una grossa possibilità di riqualificazione del patrimonio edilizio in cui viviamo.  
Bisogna incentivare ad esempio i cosiddetti cappotti termici che isolano meglio l'edificio.

8) Che però costano parecchio! 

Costano parecchio e non godono della detrazione del 55%. Quindi bisogna inventarsi interventi diversi perché aiuterebbe anche l'edilizia, che è un settore in profonda crisi nel nostro paese. E in più i provvedimenti sulla parte termica sono quelli che per primi aiuterebbero le famiglie perché darebbero direttamente un guadagno tramite il risparmio annuo. 

9) Ultima e chiudiamo, una cosa accomuna questo governo con il precedente in fatto di energia: la passione per il petrolio e il gas nazionali. Il ministro Romani e il sottosegretario Saglia, nello scorso Governo, il ministro Passera, adesso, spingono tutti per aumentare le trivellazioni sul suolo italiano e dicono che si potrebbe coprire il 20% del consumo nazionale di idrocarburi e si possono creare 25 mila posti di lavoro. Il 30 maggio in Commissione Industria al Senato il Commissario dell'ENEA Lelli ha detto che nella migliore delle ipotesi si arriva al 12-14% del consumo nazionale. A questo punto ne varrebbe la pena? 

Secondo noi no. Il Governo si è inventato la sfida di sostituire una parte dei consumi di idrocarburi del nostro paese con idrocarburi nazionali. Senza però un cambiamento che ci permetta di ridurre il consumo di idrocarburi. 
Non c'è una politica in questo senso, nessuna politica di risparmio ed efficienza a livello nazionale. E in più non ci aiutano neanche le direttive europee perché,   mentre per le rinnovabili abbiamo le direttive al 2020, non c'è ancora una direttiva vincolante sull'efficienza energetica. Forse verrà approvata quest'anno.  
E quindi non c'è nessuna visione per il nostro paese che ha visto aumentare così tanto le bollette proprio perché dipende dall'estero per gli approvvigionamenti.  
L'aumento delle bollette di questi anni dipende in maniera perfetta dall'aumento del prezzo del petrolio, siamo in balia degli eventi internazionali. Poi c'è il contributo per il fotovoltaico ma è insignificante.  
L'idea Passera, del precedente Governo e di quasi tutti quelli degli ultimi dieci anni è quella di ricorrere agli idrocarburi nazionali. Qui c'è un problema di visione energetica del paese, e noi pensiamo che bisogna affrancarsi dagli idrocarburi il più possibile.  
E poi c'è una questione di visione rispetto alle proprie risorse: in questo momento in Italia si stanno trivellando migliaia di barili di petrolio ogni giorno, ad esempio in Basilicata, si stanno facendo delle esplorazioni in altre parti d'Italia. Se pure si riuscisse a dare il via libera ad altre trivellazioni ci sarebbe un problema di quantità. Perché si arriverebbe nella migliore delle ipotesi al 10-12% ma non per trent'anni, per cinque. Poi tutto ritornerebbe come prima per cui il gioco non vale la candela.  
La domanda è: questo porterebbe un vanaggio in bolletta? Siccome sono "idrocarburi tipici italiani" si risparmierebbe? No, perché sarebbero venduti esattamente allo stesso prezzo. L'unico vantaggio che ci sarebbe, come succede in Basilicata, sarebbe quello di ricevere qualche royalties per il petrolio. 
Come è noto le royalties italiane sono minori da quelle pagate da ENI e dalle altre fuori dal nostro paese. Non c'è nessun interesse generale a coltivare i nostri idrocarburi. C'è un altro interesse: ridurre il consumo di petrolio, gas e carbone.

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