Rinnovabili: quanto tempo ancora dovremo aspettare?

Incuriosito dalla pubblicità che ho sentito alla radio ho comprato il primo numero di "Ambientenergia". E' la versione cartacea del sito omonimo, dedicato all'ecologia e alle energie rinnovabili (e non solo), e porta sulla carta stampata molti dei contenuti della versione web più qualche approfondimento. Tra questi c'è un articolo, che purtroppo non è stato pubblicato anche sul sito, dal titolo "Buttati al vento - Investiamo nell'eolico 3,5 miliardi ma la rete non regge e una pala su cinque deve essere fermata".

Assolutamente consigliato. Con una impostazione finalmente laica questo articolo descrive la situazione paradossale dell'eolico nel sud Italia: tanto vento, tante pale e di grossa dimensione, ma spesso ferme per motivi tecnici. Il perché lo spiega bene il pezzo:
Se immaginiamo la rete [elettrica] come una grande vasca dalla quale attingono le diverse utenze, finora alimentata da una serie di rubinetti sempre aperti (le centrali termoelettriche), stiamo ora aggiungendo un'altra serie di getti d'acqua che fluttuano in modo libero: è evidente che la cosa non può funzionare. Se si vuole mantenere in sicurezza la rete elettrica è indispensabile poter variare la potenza immessa per accordarla a quella richiesta

Detta in parole semplici: quando vedete una pala eolica ferma molto spesso non è perché non c'è vento (e quindi è stata piazzata lì, nel posto sbagliato, da qualche mafioso) ma perché è stato imposto al gestore del parco di fermare uno o più aerogeneratori. Perché, rispetto a quella che è la richiesta di energia in quel momento, la potenza totale che "gira" sulla rete elettrica è eccessiva.

Oppure, peggio ancora, la potenza generata in quel momento dal parco eolico è superiore a quella che può sopportare la rete elettrica in quella zona. Questo perché, all'elettricità prodotta in maniera intermittente dalle rinnovabili, si deve aggiungere quella prodotta in maniera costante dalle centrali termoelettriche (che non si possono fermare o rallentare nel giro di pochi minuti ma solo in diverse ore).

E, per questioni di sicurezza (brutalmente: per non far saltare in aria qualche tubo del vapore in una termoelettrica), si preferisce far bloccare una innocua pala o staccare dalla rete un pannello fotovoltaico. Questa cosa è nota da anni: la rete elettrica ad alta tensione italiana ha dei limiti strutturali enormi, mentre il nostro clima è ideale per lo sviluppo delle rinnovabili che non fanno altro che mettere in crisi la rete stessa.

Vi ripropongo un video che ho girato nell'aprile 2009, due anni e mezzo fa, nel quale l'ingegner Franco Pezzella (consulente energetico con un passato in Enel), spiega in parole molto semplici questi limiti tecnici della rete elettrica italiana. L'intervista è lunga, ma vi consiglio di seguirla tutta:


Quando Pezzella mi rilasciava questa intervista ancora il fotovoltaico installato in Italia ammontava ad appena 1.142 MW e l'eolico a 4.898 MW, come mostrano i dati ufficiali del Gse che elargisce gli incentivi:

Fonte: Gse
Fonte: GSE
Considerate che il 2011 dovrebbe chiudersi con circa 12.000 MW di fotovoltaico installato mentre per quanto riguarda l'eolico bastano i dati del 2010 del GWEC, il Global Wind Energy Council: 5797 MW

Fonte: GWEC
Mi sembra abbastanza evidente che abbiamo perso almeno tre anni senza fare niente: gli investimenti fatti da Terna sulla rete elettrica sono al palo. O meglio: negli ultimi mesi qualcosa si è sbloccato, ma siamo ancora maledettamente indietro. Andiamo a leggere i risultati di Terna al 30 giugno 2011:

EVOLUZIONE DEL PIANO DI SVILUPPO DELLA RETE DI TRASMISSIONE NAZIONALE
Questi i principali avanzamenti del periodo:

• Elettrodotto a 380 kV “Chignolo Po – Maleo”: in avanzato stato esecutivo i lavori previsti
• Elettrodotto a 380 kV “Sorgente-Rizziconi”: in stato di avanzamento i cantieri
• Elettrodotto a 380 kV “Sa.Pe.I”: funzionamento a piena potenza dell’impianto
• Elettrodotto a 380 kV “Tavarnuzze – Santa Barbara”: completati i lavori
• Stazioni elettriche di Troia e Deliceto: completati i lavori

Chignolo Po, come dice il nome stesso, non sta né in Sicilia né in Molise o Puglia. E' un elettrodotto tra Lodi e Pavia e Terna lo definisce "il più ecologico d'Italia". L'elettrodotto Tavernazze - Santa Barbara è in Toscana.

Buoni per l'eolico e il fotovoltaico al sud sono le stazioni di Troia e Deliceto, in Puglia, il Sa.Pe.I. che è un cavo dalla Sardegna alla penisola italiana (ma che, in realtà, nasce per un progetto di sviluppo delle centrali a gas naturale in Sardegna più che per l'eolico) e il mitico Sorgente-Rizziconi, che collegherà Sicilia e Calabria "sbottigliando" la prima (e permettendo la sostituzione della vecchia e inquinante centrale termoelettrica ad olio combustibile di San Filippo del Mela con la futura nuova e inquinante centrale termoelettrica a carbone di Saline Ioniche). 

Negli ultimi cinque anni, però, Terna ha fatto un sacco di cose all'estero guadagnato un sacco di soldi tanto da potersi permettere un piano di investimenti da "un miliardo di euro l'anno":

 

Quindi potrebbe anche accelerare, e di parecchio, i piani per lo sviluppo della rete al centro-sud in favore delle rinnovabili. Ma, attenzione, non è mica tutta colpa di Terna: la mitica burocrazia italiana non basta, ma aiuta di certo, a spiegare i ritardi. E non solo: è anche una questione di atteggiamento.

Considerate il fatto che gli stessi limiti strutturali allo sviluppo delle rinnovabili (eolico in primis) sono stati a lungo quasi negati sia da Terna che dall'Anev, l'associazione di categoria dell'eolico. E' una storia estremamente complessa e fatta di fughe in avanti e clamorosi passi indietro.

Per quanto riguarda il presente, invece, basti pensare che l'Anev nel suo nuovo sito ha pubblicato una ventina di domande/risposte sull'eolico tra le quali ce n'è ovviamente anche una sulle famose pale ferme. Cosa risponde in merito Anev? Eccolo:

Perché si vedono tanto spesso impianti eolici fermi?

L’eolico negli ultimi dieci anni è cresciuto con una percentuale annuale vicina al 30 %, ciò significa che un terzo degli impianti che esistono sono stati realizzati nell’anno in corso. Questa velocità della crescita a fatto sì che spesso ci si trovi di fronte a impianti in corso di realizzazione, o di conclusione dei lavori ma non ancora allacciati alla rete. Questo periodo, che tecnicamente dura una media tra sei e dodici mesi, negli anni scorsi si è allungato anche per il grande numero di domande di connessione cui il Gestore di Rete faticava a rispondere. I primi a perdere, in questo allungamento dei tempi, sono gli imprenditori che hanno investito capitali privati e attendono di iniziare a recuperare l’investimento: senza produzione e vendita di energia elettrica (unico ritorno economico per l’eolico insieme ai Certificati Verdi, dipendenti anch’essi dall’immissione di energia elettrica in rete) non ci sono ritorni economici per l’eolico. Ma a perderci è anche il sistema Paese, che ha un obiettivo di produzione di energia da fonti rinnovabili, e l’ambiente.
Fonte: Anev

Cioè non ci sono problemi alla rete, è solo una questione di tempo e tutto va a posto da solo...

Offro una copia del primo numero di Ambientenergia all'Ad di Terna, Flavio Cattaneo, e al presidente dell'Anev, Simone Togni, che nel suo discorso di insediamento nel giugno di quest'anno ha ribadito:

L’eolico è una tecnologia vincente sia per la sua indubitabile maggiore maturità tecnologica, sia per il suo minore impatto paesaggistico e ambientale. Dobbiamo sfruttare oggi l’opportunità di realizzare con il Governo un piano efficiente economicamente e che liberi il settore da oneri impropri che derivano dalla burocrazia con il risultato di gravare sugli imprenditori senza alcun beneficio per il Paese: liberiamo queste risorse che potranno essere così usate per più ambizioni e strategici traguardi. L’ANEV ha predisposto un piano e delle proposte che consentirebbero di recuperare una parte dei costi che il sistema paga senza beneficio per alcuno
Giusto, il problema dell'eolico è solo la burocrazia, la rete non c'entra...

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