Incentivi Cip6: nel 2010 la svolta? Macché…

Anche quest’anno, nonostante il recente decreto, i nostri soldi andranno alle solite centrali termoelettriche.

cip6-2010
Oggi il Ministero per lo Sviluppo economico ha pubblicato l’avviso per l’assegnazione dei diritti Cip6 relativi all’anno 2010.



Dopo il recente decreto firmato da Scajola sono stati in molti a pensare, sbagliando, che ci stavamo avvicinando alla fine della tragica esperienza dei Cip6, gli incentivi pensati (?) per le rinnovabili e distribuiti alle “assimilate”.

Si disse, addirittura, che erano finiti gli incentivi per i termovalorizzatori. Anche in questo caso la notizia era falsa, diffusa da qualcuno che non aveva letto il decreto.

In realtà gli incentivi restano, e i dati lo dimostrano.

L’avviso diramato oggi, infatti, prevede una assegnazione per il mercato libero pari a 3.403 MW di produzione costante in ogni ora dell’anno.

Non cambia poi molto rispetto al 2009, anno in cui sono stati assegnati al mercato libero 3.440 MW.

Poco di più è stato assegnato nel 2008: 3.675 MW.

Nel 2007, invece, furono assegnati 3.510 MW e nel 2006 3.360 MW.

Devo continuare?

E’ più interessante, invece del totale, andare a vedere i parziali che mettono in luce un reale cambiamento nel parco produttivo italiano:

CIP6-dati-2008

Il totale dal 2001 al 2007, come vedete, oscilla ma non di moltissimo. Specialmente per le assimilate, che sono quelle incriminate per furto di identità nei confronti delle vere rinnovabili.

Scaviamo ancora e vediamo la composizione delle assimilate:

CIP6-dati-2008-assimilate
Nel periodo 2001-2007 tengono i “Combustibili di processo, residui o recuperi di energia” e crollano i combustibili fossili.

Con la prima espressione si intende la vera feccia dei Cip6: residui di raffineria riprocessati, asfalti vari gasificati e bruciati in termoelettrica e quanto può essere ricompreso nella ormai mitica definizione di “combustibile evitato”.

Nel senso che invece di comprarti il combustibile prendi lo scarto, lo tratti e lo processi, e gli cambi la definizione legale da rifiuto speciale a combustibile.

E guadagni tre volte: non spendi per lo smaltimento (carissimo), risparmi sul combustibile e ti acchiappi il Cip6.
Il calo dei combustibili fossili nella torta degli incentivi, probabilmente ma non ne sono certissimo, può essere giustificato dal fatto che buona parte del parco produttivo italiano è stato convertito a gas naturale.

Un combustibile che, essendo molto meno “flessibile” del petrolio, è difficile da trasformare in “assimilato”.

Vanno notate alcune cose.

La prima è che, se il processo è fatto bene, la trasformazione dello scarto in combustibile è effettivamente un bene per l’ambiente.

Il problema, però, è che gli impianti che lo fanno sono già abbastanza redditizi e non hanno affatto bisogno di essere sostenuti con denaro pubblico.

La seconda è che il famoso decreto di Scajola che ridimensiona i Cip6 si riferisce esclusivamente a queste due classi di impianti: combustibili di processo etc etc e combustibili fossili.



Tutto il resto, termovalorizzatori compresi, resta.

Ora, sarebbe bene ragionarci sopra e capire perchè il Governo ha deciso di fare questa scelta.
Io un’idea me la sarei fatta…

Negli ultimi mesi il panorama energetico italiano è stato rigirato come un calzino da una lunga serie di movimenti che stanno preparando l’entrata in Italia di parecchi attori esteri soprattutto nel settore della raffinazione.

L’Eni, ad esempio, è in trattativa per le raffinerie di Livorno, Venezia e Gela.

La Erg, invece, ha già incassato l’assegno per il 49% dello stabilimento Isab di Priolo venduto ai russi.

Gli stranieri, diciamocelo senza peli sulla lingua, si sono comprati (o stanno per comprarsi) gli scarti dell’industria energetica italiana, quella che i nostri non vogliono più.

Al giorno d’oggi le raffinerie rendono assai poco: oltre agli italiani se la passano male anche i francesi e persino gli americani

Si possono fare affari migliori vendendo le raffinerie e concentrandosi sulla produzione e vendita di energia, specialmente sul mercato libero che è già patria dei call center.

Se, allora, le raffinerie ce le devono mandare avanti gli stranieri, per quale motivo permettergli anche di farsi gli impiantini Cip6?

Questa è la vera novità: gli incentivi Cip6, risalenti al 1992, sono ormai una torta già pappata e chi si siede oggi a tavola non può più sperare di farsi la sua fetta e mangiarsela in santa pace.

Come exit strategy dal pantano Cip6 fa un po’ schifo. Ma almeno è una exit strategy…

W l’Italia e tutti gli italiani!
 

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