Rivoluzione Ronchi

Sì definitivo della Camera al Decreto Ronchi che liberalizza i servizi pubblici locali. Tutti in difesa dell’acqua, ma c’è molto di più…

acqua-decreto-ronchi-liberalizzazione-privatizzazione 

302 sì, 263 no, nessun astenuto, la Camera approva.

Il Disegno di legge: S. 1784. - "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee", già approvato dal Senato il quattro novembre scorso, ha ricevuto oggi l’ok definitivo della Camera.


E’ legge, amen.

Di questo disegno di legge, e del decreto legge che converte, se ne è parlato molto soprattutto per un motivo: è il primo passo verso la liberalizzazione della gestione dell’acqua nei comuni italiani.

Il terrore di ecologisti e associazioni di consumatori è che, ora, l’acqua diventi un bene di mercato e, come tale, vada solo dove ci sono i soldi.

Quindi bollette alle stelle e servizio ridotto al minimo dove non è economicamente vantaggioso.

Adusbef, Federconsumatori e Movimento consumatori promettono già battaglia e pensano al referendum.

Scommetto che non ci si arriverà perchè, molto prima di raccogliere le firme, ci sarà qualche ricorso al Tar con richiesta di sospensiva, magari per dettagli minori della legge.

Il Governo, da parte sua, ovviamente difende la legge.

Innanzitutto, dicono, si tratta di un adeguamento ai voleri della Corte di Giustizia europea. Poi, aggiungono, non si tratta di privatizzare l’acqua ma di liberalizzarne la gestione.

L’antitrust, infine, applaude.

E’ assolutamente inutile stare a spaccare il capello: la risorsa acqua non ha i piedi, quindi se una ipotetica società di gestione decide di fare i capricci con gli allacciamenti o con le forniture rischiamo di fare la fine della particella di sodio nella pubblicità…

E’ già successo in alcune grandi città italiane, Roma prima di tutte, e con aziende ancora formalmente in mano al pubblico.

Ma la cosa che a me interessa di più non è l’acqua. O, meglio, non solo.

Perchè sto benedetto decreto Ronchi non ha a che fare solo con l’acqua ma con tutti, o quasi, i servizi pubblici erogati dai comuni.

Copia e incolla dal sito della Camera, giusto per non fare errori:

In sintesi, la nuova disciplina introdotta dall’articolo 15 del decreto legge 135/2009, il cui disegno di legge di conversione è stato approvato in via definitiva e non ancora pubblicato:

  1. esclude dalla disciplina di carattere generale sui servizi pubblici locali la distribuzione di energia elettrica, il trasporto ferroviario regionale e la gestione delle farmacie comunali (il settore del gas era già stato escluso dalla legge 99/2009, art. 30, comma 26);
  2. aggiunge, alla previsione del conferimento in favore di imprenditori e società in qualunque forma costituiti, l’ulteriore possibilità di affidare la gestione dei servizi pubblici locali a società a capitale misto pubblico-privato, purché il socio privato venga selezionato attraverso gare cosiddette “a doppio oggetto” (sulla persona e sull’attività), con l’ulteriore condizione che il socio partecipi con non meno del 40 per cento;
  3. introduce un silenzio assenso (che scatta decorsi sessanta giorni) sul parere che l’Antitrust già oggi è chiamata a dare sulle ipotesi “straordinarie” di affidamento in house (vale a dire senza gara);
  4. detta direttamente il regime transitorio degli affidamenti non conformi, sopprimendo la previgente previsione che lo affidava ad un emanando regolamento governativo. La disciplina transitoria prevede tre diverse scadenze per gli affidamenti “difformi” (gli affidamenti in house cessano il 31 dicembre 2011 ovvero alla scadenza del contratto se, a quella data, gli enti affidanti cedono ai privati il 40% della proprietà; gli affidamenti a società quotate cessano alla scadenza del contratto se la quota pubblica scende, anche  progressivamente, sotto il 40% entro il 30 giugno 2013 e sotto il 30% entro il 31 dicembre 2015, altrimenti cessano il 30 giugno 2013 o il 31 dicembre 2015; in tutti gli altri casi la scadenza è al 31 dicembre 2010) mentre conserva le scadenze naturali per gli affidamenti già conformi;
  5. stabilisce i principi dell’autonomia gestionale del soggetto gestore e della piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche.

Con questo decreto, in pratica, la vostra amministrazione comunale è autorizzata a smantellare buona parte degli uffici tecnici e affidare di tutto e di più ai privati.

Potrebbe essere una cosa buona, come cattiva: dipende dai comuni e dipende dai privati.

Facciamo qualche esempio a caso: domani potreste trovarvi una nuova ditta che effettua la pulizia e la potatura dei giardinetti pubblici, magari con incarico di manutenzione sulle giostrine a molla per i bambini.

Mettiamo che la manutenzione sulle giostrine sia fatta male e vostro figlio cade, si fa male, si ferisce seriamente, resta addirittura in sedia a rotelle o ci crepa.

Dolore, strazio, incazzatura e, soprattutto, tribunale.

Ci vediamo in tribunale. Voi, e il vostro avvocato, contro una Srl con ufficio legale e capitale sociale da cento mila euro scarsi…

Bando ai drammi, andiamo nel quotidiano: la munnizza.

L’igiene urbana è tra i servizi che si possono affidare ai privati.

Si dirà: “lo era già prima”.

Vero, ma solo in parte: raccolta ai privati, discariche e impianti vari (per chi ha la fortuna di avere il ciclo differenziato) affidato ai privati ma sotto gestione degli Ato, quindi del pubblico.

Ora no. Ogni comune fa come gli pare, da una parte, e tutti siamo autorizzati ad aprire una discarica o un impianto di compostaggio dall’altra: se liberalizzazione deve essere, deve essere anche concorrenza!

Preciso, questo nel decreto non c’è, ma la legge dovrà essere per forza interpretata così altrimenti la Corte europea si arrabbia di nuovo…

Quindi, se avete qualche milione di euro da parte, ora sapete dove spenderlo.

Non ce lo avete?

No problem, altri ce l’hanno. Chi? Ma le mitiche multiutility del nord Italia, ovviamente…

Già, le multiutility, che percorso, che passi da gigante in pochissimi anni!

Sono pronto a scommettere un sacco di immondizia (e non avete idea di quanto varrà a breve un sacco di immondizia) che il ciclo dei rifiuti del sud Italia si troverà presto “liberamente gestito” dalle aziende del nord.

Non per niente la Lega Nord ha già chiesto una modifica in favore dei “comuni virtuosi”, cioè quelli del nord: per questi comuni la Lega chiede la possibilità di fare uno strappo alla legge e continuare con l’affidamento diretto dei servizi, invece che con la gara pubblica.

Certo, mica scemi i leghisti, le gare, se si devono fare, visti i soldi in gioco devono essere europee e, quindi, devono poter partecipare anche le aziende estere.

Se al sud si teme l’invasione dei lumbàrd, al nord si teme quella dei forestieri…

Nessun razzismo, ma vale sempre la storia del tribunale: se questi fanno i furbi, con chi ci incazziamo?

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