Primarie, lenzuoli e liberalizzazioni fantasma…

La sinistra italiana tenta di tornare credibile. Con un vecchio leone che ha già fatto un mare di danni.





Da poche ore il Pd ha un nuovo segretario.
O meglio, finalmente ne ha uno…

Diatribe interne alla sinistra e palombelle rosse a parte, Bersani sembrerebbe almeno un segretario vero: cresciuto alla scuola di D’Alema e fedele, di conseguenza, al motto “se non puoi comandare tu fai in modo che nessun’altro possa farlo“, Bersani è riuscito finalmente a togliersi di mezzo quell’ottimo amministratore di condominio (nonchè ottimo organizzatore di festival cinematografici) che era Veltroni e, subito doto, anche il suo profilo su Facebook (meglio conosciuto col nick name di “Franceschini“).

Ora, si spera, il Pd ha le carte in regola per fare opposizione.

Chi legge questo blog sa benissimo che non sono mai stato molto tenero con le scelte fatte dall’attuale governo Berlusconi. Quanto meno sui temi che tratto: non sono un tuttologo, mi occupo di energia e ambiente. Due ottimi motivi per mandare a casa l’attuale premier…

Purtroppo, però, non sono affatto felice di questa nomina all’opposizione perchè, sempre in fatto di energia e ambiente, Bersani di guai ne ha fatti parecchi.

Tutto iniziò nel lontano 1999 quando l’allora ministro Bersani partorì il decreto che portava il suo cognome. Si trattava, in buona parte, di un adeguamento della normativa italiana alle direttive europee e costituisce, tutt’ora, la spina dorsale della liberalizzazione del mercato dell’energia.

Si potrebbe affermare che, essendo un decreto di ispirazione europea, pregi e difetti non siano da attribuire a Bersani. Poco importa, la firma è la sua…

Il decreto Bersani, per capirci, è la legge che ha smantellato (o meglio, “spezzettinato“) l’Enel, ha separato la produzione dalla distribuzione dell’energia elettrica, ha portato in Italia il finto ecologismo europeo e, più recentemente, ha dato la possibilità a migliaia di operatori di call center di farvi il pacco sulla fornitura di elettricità.

Questa la sintesi, andiamo all’analisi.

Enel: era grossa, troppo grossa e l’Europa non gradiva. Direi anche a ragione visto che era pubblica e, di fatto e per legge, impediva a chiunque altro di produrre energia elettrica.

Fu spezzettata in quattro parti: la prima è l’attuale Enel, le altre tre furono le cosiddette “GenCo”. Le compagnie di generazione dell’energia, società che avevano il solo scopo di produrre, ma non distribuire o gestire (quindi niente dispacciamento, come vedremo a breve) l’energia.

Per creare le GenCo Enel mise in vendita un po’ di ferri vecchi, come la centrale termoelettrica a olio combustibile di San Filippo del Mela, che non rendevano più molto rispetto ad altri ferri vecchi che, al contrario, erano ancora economicamente validi, come la centrale termoelettrica a carbone di Cerano.

Alla fine dello spezzatino, che prevedeva anche la collocazione in borsa della maggioranza del pacchetto azionario di quel che restava dell’Enel (ma non il suo controllo societario, che resta tutt’ora allo Stato italiano), l’azienda era molto più piccola, molto più ricca e molto più potente sul mercato.

Perchè, se hai la Cassa Depositi e Prestiti e il Ministero delle Finanze-Economia come azionisti di riferimento, puoi fare praticamente tutto quello che vuoi: le banche non rompono (in caso paga Pantalone) le amministrazioni locali non rompono (quale sindaco si metterebbe seriamente contro Giulio Tremonti), il Ministero dell’Ambiente… perchè abbiamo il ministero dell’Ambiente in Italia?

Tanto è vero che Cerano ancora gira e macina soldi, mentre l’Edipower di San Filippo del Mela (che inquina parecchio, ma molto meno di Cerano) è ancora impantanata tra le carte ed è mezza ferma.

Trasmissione dell’energia: qui Bersani ha proprio fatto il danno.

Dal decreto di cui sopra deriva l’asportazione della costola che gestiva i tralicci all’interno dell’Enel e la sua pubbli-privatizzazione (cioè la solita privatizzazione, con tanto di quotazione in borsa, pur restando in mano a Cassa Depositi e Prestiti e Ministero).

Nacque, nel corso degli anni, Terna.

Che oggi ha difficoltà enormi per far passare un cavo dell’alta tensione tra Sorgente e Rizziconi, anche se quel cavo permetterebbe di sbloccare lo sviluppo delle rinnovabili in Sicilia. Cioè nella patria naturale delle rinnovabili in Italia.

A Palermo dicono che Terna non vuole cacciare i soldi. Terna dice che Palermo non molla le autorizzazioni. Aggiungete il fatto che la “privatizzazione” dell’energia ha dato nuovo lustro alla competenza esclusiva dei governatori siciliani in fatto di energia e capirete facilmente di che ginepraio si tratta.

Nel frattempo, però, si tratta per un cavo siculo-tunisino…

Dicevo della Sicilia e delle rinnovabili. Il decreto Bersani ha introdotto in Italia il meccanismo dei Certificati Verdi: tu, industria zozzona, devi produrre pulito. Se non ce la fai ti compri il pezzo di carta da chi produce pulito per mestiere e continui a produrre pulito.

Ancora peggio, il decreto Bersani definisce tra le “fonti rinnovabili” anche la trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici. Rifiuti.

I soldi non fanno la felicità. Chi l’ha detta sta stronzata?

E se non fanno la felicità, perchè il mio telefono squilla sempre e quando alzo la cornetta dall’altro lato c’è un operatore di call center (che manco sa chi è Bersani) che mi vuole fare felice facendomi (lui dice, perchè deve farlo altrimenti lo licenziano) che mi farà risparmiare un sacco di soldi sulla bolletta della luce?

Ora, si dirà, è tutta roba europea che Bersani ha solo tradotto in italiano.

Ma siccome il detto dice che “il pesce puzza dalla testa“, o Bersani era ministro e non contava nulla mentre scriveva la legge che avrebbe cambiato completamente l’industria italiana dell’energia, oppure la testa era lui.

E quindi puzza…

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